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Ciao Carlo Azeglio

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L'Editoriale|1920-2016

Ciao Carlo Azeglio

«Pensa, lunedì avremmo festeggiato i settant’anni di matrimonio e gli avevo detto: Carlo, faremo una cosa intima tra di noi». Mi dice la signora Franca, al telefono, e aggiunge: «Tu lo conosci bene, devi dire quello che sai, devi dire che era una persona perbene». La signora Franca si esprime con il suo linguaggio diretto, fatto di imperativi affettuosi, e ha ragione: Carlo Azeglio Ciampi era, prima di tutto, una persona perbene. Ho scelto di iniziare con questo racconto familiare perché qui, in questo articolo, non intendo parlare del Normalista, del governatore della Banca d’Italia, dell’uomo di governo padre dell’euro e del presidente emerito della Repubblica. Vorrei parlare dell’uomo Carlo Azeglio Ciampi per come lo ho visto e conosciuto da vicino, di quello che mi ha insegnato e di quello che ha rappresentato nella difesa del decoro delle istituzioni, il sentimento viscerale dell’orgoglio della Patria, il tratto identitario dell’uomo delle istituzioni, di un grande italiano e di un grande europeo.

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Un giorno abbiamo scherzato sull’ansia, qualcosa che ci accomunava, ma che io ho sempre sentito come un tormento, soprattutto per chi mi sta intorno. Ho davanti agli occhi il suo faccione burbero e quella frase buttata lì: «Guarda, conosco il tema. Chiariamo subito: l’ansia ci permette di vedere prima i problemi, e quindi può essere un vantaggio. A una condizione, però, che si individui un metodo per gestirla». Presidente, lei lo ha trovato? «Sì, una squadra di collaboratori competenti e fidati. Se l’ansia ti porta a individuare prima il problema, allora questo va affrontato con la squadra di collaboratori, vanno sentite con attenzione tutte le opinioni, poi si ponderano le cose, si prende una decisione e non ci si pensa più. A quel punto, l’ansia cessa e, spesso, è stata utile».

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Ricordo un fatto di vita vissuta che risale ai tempi di quando era governatore e che mi ha voluto raccontare un pomeriggio, nella casa romana, in via Anapo. Cito a mente il suo racconto: un politico mi chiede un appuntamento, lo ricevo, restiamo insieme una buona mezz’ora, ragioniamo di tante cose e non mi chiede niente. Dopo qualche settimana un amico comune mi riferisce la confessione del politico: avevo voluto l’incontro perché dovevo chiedere un piacere, ma Ciampi mi trattò con così tanta cortesia e così tanto distacco che non ebbi il coraggio di dire niente. Distacco e cortesia, lezione di civiltà, un insegnamento da tenere a mente. Scavo nei ricordi e mi riaffiora nella testa una telefonata, sempre del Presidente, di un po’ di anni fa. Mi dice: «Ha letto le dichiarazioni di Paul Volcker? Parla di disintegrazione dell’euro. Questo un banchiere centrale non lo può dire». Non era orgoglio ferito, da padre dell’euro, anche in questo caso parlava il governatore che è in lui. Un abito mentale, da servitore dello Stato, mai dismesso.

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Non so perché ma continuo a pensare all’ossessione di Ciampi contro l’infezione diffusa, e mai davvero domata, dei cattivi derivati e, anche in questo caso, ricordo una sua telefonata di diversi anni fa, mentre passeggiava a villa Ada, all’epoca in cui dirigevo il Messaggero e lui era il primo dei nostri editorialisti: «Direttore, le racconto un episodio che mi è successo da qualche minuto. Sono vicino al laghetto, mi saluta una signora e mi dice: grazie presidente per tutto quello che fa per noi. Replico: signora, ma io non faccio più niente. E lei: non è vero, scrive degli articoli bellissimi». Aveva ragione la signora. Qualche giorno prima, il 17 settembre del 2008, quest’uomo che ha avuto in Italia l’onore di tutte le responsabilità ed è apprezzato nei circoli più importanti della finanza internazionale, ma sapeva parlare come pochi al cuore degli italiani, aveva scritto un articolo che iniziava testualmente così: «Per capire quello che sta accadendo in questi giorni, forse, dovremmo partire dalla debolezza congenita degli accordi di Bretton Woods...».

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È passato un tempo che, per la pesantezza del conto che l’Italia ha pagato sull’altare della crisi globale finanziaria, assomiglia a un’eternità e, soprattutto, non accenna a finire. La nuova Bretton Woods, invocata da Ciampi, non si è vista, anzi assistiamo a un indebolimento delle leadership politiche globali, aumentano le diseguaglianze, si continua a passare da una crisi all’altra, gli Stati Uniti d’Europa restano un sogno, i focolai di crisi geopolitica nel mondo si moltiplicano a vista d’occhio, la Cina non ha guadagnato in libertà ma ha fermato la sua galoppata, per la prima volta gli americani sono convinti che i figli avranno un futuro meno roseo dei padri. Servono la forza della democrazia e l’intelligenza della politica, servono uomini come Franklin Delano Roosevelt e Winston Churchill combattenti e costruttori di democrazia o del calibro dei Padri Fondatori dell’Europa come De Gasperi, Adenauer, Schuman. Servono proprio uomini con passione politica, servitori dello Stato e persone perbene come Ciampi. Ciao Carlo Azeglio.

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