Al momento la legge di bilancio per il 2017 oscilla tra i 23 e i 26 miliardi. Con poco più di 15 miliardi destinati alla sterilizzazione della clausole di salvaguardia fiscali, almeno 2 miliardi al rilancio degli investimenti (”Industria” 4.0, superammortamento e Ace), non meno di 6-900 milioni al pacchetto lavoro (detassazione salari di produttività e mini-proroga selettiva della decontribuzione sui neoassunti), 500 milioni al capitolo istruzione-ricerca e circa 0,2 miliardi per la proroga dei bonus energetici e ristrutturazioni. E ancora: 2 miliardi per il piano-pensioni (Ape e bonus quattordicesime), circa 500 milioni aggiuntivi per il rinnovo del contratto degli statali, 2-300 milioni per il pacchetto famiglie numerose a basso reddito, 0,3-0,6 miliardi per interventi vari (a cominciare dal finanziamento delle misure contro la povertà) e almeno 1,2 miliardi per coprire le cosiddette “spese indifferibili”.
Senza dimenticare gli interventi, per non meno di uno 0,1% di Pil, per la ricostruzione delle aree colpite dall’ultimo sisma che però il Governo punta ad escludere dai vincoli del patto di stabilità europeo così come le spese per la sicurezza. E considerando il taglio di tre punti di Ires già inglobato nei saldi perché previsto dall’ultima legge di Stabilità. Un lungo elenco di opzioni d’intervento che i tecnici stanno cominciando a scremare per delineare l’ossatura della manovra più o meno in concomitanza con la presentazione della Nota di aggiornamento al Def (NaDef) attesa al più tardi per il 26-27 settembre.
A influenzare le tabelle sarà prima di tutto il rallentamento della crescita, come riconosciuto ieri dal premier Matteo Renzi: «Che si faccia +0,8 o +1% è meglio di prima - ha detto dal palco del Wired Next Fest di Firenze - ma meno di quello che vorrei: dobbiamo tendere al 2% e siamo ancora lontani». Nell’analisi del premier, reduce dal vertice di Bratislava, sono anche i vincoli delle politiche europee: «Dobbiamo riconoscere che la ricetta dell’austerità dell’Europa era sbagliata - taglia corto Renzi - e quella della crescita degli Usa di Obama era ed è giusta».
Dall’incrocio fra i dati aggiornati del Def e gli spazi che l’Italia riuscirà a ottenere in Europa dipende l’elenco finale delle misure della manovra. Alcune novità sono in arrivo, come i 100 milioni per nuovi mezzi delle forze dell’ordine e un rafforzamento del fondo per la non autosufficienza, promessi ieri da Renzi. Altre, rispetto al primo lungo menù di inizio estate, sono invece già saltate. È il caso del riordino delle tax expenditures, destinato a rimanere ancora congelato, con la sola esclusione, forse, di alcuni specifici incentivi alle imprese. E della proroga della decontribuzione sui contratti dei neo-assunti a tempo indeterminato, che potrebbe essere limitata ai giovani e al Sud oppure, se la coperta della manovra dovesse essere molto corta, alla stabilizzazione di studenti in formazione. E altre ancora sono le ipotesi destinate a saltare.
Per conoscere il posizionamento definitivo dell’asticella della manovra autunnale occorrerà attendere la presentazione della Nota di aggiornamento del Def. A quel punto saranno nero su bianco le nuove stime sull’andamento del Pil (che dovrebbe scendere a quota 0,9-1% per il 2016 e 1,1-1,2% per il 2017) e, soprattutto, quelle sul deficit. L’obiettivo concordato con Bruxelles la scorsa primavera era dell’1,8 per cento. Se il Governo riuscirà a convincere la Ue a far salire il deficit ulteriormente al 2,2-2,3% (comunque al di sotto del livello dell’indebitamento della Pa per il 2016 che dovrebbe attestarsi a quota 2,4%), diventerebbe utilizzabile una quota pari a 6,5-8 miliardi. Che sommati alla quota di indebitamento già autorizzato in primavera farebbe lievitare a 15 miliardi lo spazio di flessibilità “spendibile”.
Risorse che andranno ad aggiungersi agli almeno 8-9 miliardi di dote che il Governo punta a ricavare con la “fase 3” della spending review e alcuni interventi di natura fiscale, in primis la “voluntary bis” senza però ricorrere a nuovi “balzelli”. Anche perché la manovra, che sarà varata per la prima volta sotto forma di legge di bilancio unificata per effetto della riforma approvata dal Parlamento prima della pausa estiva, avrà in ogni caso un carattere espansivo con ulteriore alleggerimento del carico fiscale, soprattutto facendo leva sul taglio dell’Ires già previsto dall’ultima legge di stabilità, e sulla spinta agli investimenti. Ma la caccia alle risorse non si presenta semplice
A causa del rallentamento del Pil, anche per l’effetto Brexit, la “fase 3” della spending review non potrà essere troppo soft (3-3,5 miliardi) come immaginato fino ad agosto. L’asticella della riduzione di spesa per il 2017 è destinata a salire complessivamente a 5-6 miliardi. Con un contributo della centralizzazione degli acquisti Pa, sulla base del modello Consip, di 2-2,5, uno dei quali (se non di più) dovrà arrivare dalla razionalizzazione delle forniture per la sanità. Risparmi più contenuti sono attesi dall’attuazione della riforma Pa e dal piano di ottimizzazione degli immobili della pubblica amministrazione. E sempre all’insegna dell’ottimizzazione si annuncia il nuovo step del processo di riorganizzazione dei bilancio delle amministrazioni centrali, in primis i ministeri (anche in questo caso con un occhio attento alla sanità), facendo lievitare su interventi selettivi, che poter garantire non meno di 1,5-2 miliardi. Sul fronte fiscale dovrebbero arrivare 2-2,5 miliardi dalla voluntary bis. L’operazione dovrebbe scattare con un provvedimento parallelo alla manovra. C’è poi la possibilità che vengano recuperati circa 3-500 milioni con un riordino mirato di alcuni incentivi alle imprese considerati “superati”. Sul tavolo anche l’ipotesi di altri mini-interventi fiscali 3-500 milioni.
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