Italia

Italicum, così la Corte ha scelto la neutralità fra i partiti

  • Abbonati
  • Accedi
l’analisi

Italicum, così la Corte ha scelto la neutralità fra i partiti

La decisione della Corte costituzionale di rinviare l’esame dei ricorsi nei confronti della legge elettorale della Camera è una evidente prova di saggezza istituzionale. La funzione più importante di questo organo è quella di proteggere i diritti dei cittadini e, al tempo stesso, di garantire l’equilibrio fra i poteri dello stato. E certamente il diritto di voto e le sue modalità di espressione e di aggregazione rappresentano un aspetto cardine di ogni sistema liberal-democratico. Ma la funzione preziosa della Corte può essere esercitata con efficacia solo se essa è capace di tenere in vita la reputazione di neutralità che la caratterizza. Poiché la Corte non è composta da membri eletti e responsabili davanti al corpo elettorale, la sua neutralità e il suo carattere super partes sono un elemento essenziale della sua legittimità in uno stato di diritto costituzionale.

Nelle ultime settimane si è creata una attesa carica di pressioni nei confronti della Corte affinché questa con una sua sentenza prendesse una posizione decidente nel dibattito di parte che sta dividendo la classe politica a proposito della legge elettorale. I sostenitori e gli avversari della legge hanno sperato che con la sua autorità la Suprema corte entrasse nel conflitto tra i partiti per decidere di una pretestuosa vittoria degli uni e della sconfitta degli altri. A buona ragione la Corte ha rifiutato questo ruolo partigiano perché la questione da decidere è complessa e necessita di attenta riflessione e di quella deliberazione pacata e insensibile a pressioni di parte che caratterizza il suo lavoro.

Non solo i giudici hanno ricevuto da pochi giorni una nuova richiesta di giudicare la legge elettorale da parte del tribunale di Perugia, novità che di per sé giustifica il rinvio, ma hanno verosimilmente pensato che fosse opportuno darsi un tempo più lungo per l’esame e la riflessione per non interferire con il referendum popolare. Quest’ultimo dovrà confermare o meno, fra l’altro, una norma che permette alla Corte, se richiesta, di controllare la costituzionalità, cioè il rispetto del diritto di voto dei cittadini da parte della legge elettorale, prima della sua applicazione.

Se la riforma dovesse essere approvata la Corte si troverebbe praticamente nell’obbligo di dover controllare la legge elettorale senza aver bisogno di giustificare l’ammissibilità di tale richiesta, ad oggi dubbia in base al nostro sistema di giustizia costituzionale. Se al contrario il referendum dovesse bocciare la riforma costituzionale, la legge elettorale per la Camera, profondamente diversa da quella proporzionale in vigore per il Senato, dovrebbe certamente essere modificata e un controllo costituzionale sull’Italicum, fatto oggi, rassomiglierebbe molto ad un intervento medico terapeutico su un morto.

È bene che la Corte con la sua non decisione di ieri abbia scelto di seguire anche in questa occasione il precetto dei saggi: festina lente.

© Riproduzione riservata