Italia

Ponte sullo Stretto, la storia infinita di un'opera da 5,2 miliardi

  • Abbonati
  • Accedi
infrastrutture

Ponte sullo Stretto, la storia infinita di un'opera da 5,2 miliardi

Una elaborazione grafica del progetto del ponte sullo Stretto di Messina
Una elaborazione grafica del progetto del ponte sullo Stretto di Messina

Il ponte di Messina «sarebbe una grande vetrina per le imprese italiane». Così Pietro Salini, amministratore delegato di Salini Impregilo, numero uno delle costruzioni in Italia e titolare di maggioranza del consorzio Eurolink per la realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina, nel 2015 tornava all'attacco sull'opportunità di realizzare la maxi-opera stradale-ferroviaria da 5,8 miliardi di euro. Un'operazione che sembrava definitivamente archiviata all'inizio del 2013, quando il governo Monti provocò la «caducazione» del contratto da 5.215 milioni con Eurolink e mise in liquidazione la società appaltante pubblica Stretto di Messina Spa.

Nel 2015 il ponte spaccava la maggioranza
Ma nel 2015 l'Ncd di Alfano riuscì a far approvare alla Camera una mozione per chiedere al governo di riconsiderare il progetto solo come «infrastruttura ferroviaria», riaprendo di fatto dibattito su un'opera che sembrava morta. E spaccando la maggioranza, con gli alfaniani da un lato a sostenere "riconsiderazione" dell'opera e il Pd (quasi tutto) a confermare che il Ponte non era tra le priorità. Ma Anp e Ncd riuscirono a far approvare con un blitz una mozione parlamentare che spingeva il governo a rivalutare costi e benefici dell'opera, con l'opposizione che gridava allo scandalo e il governo che gettava acqua sul fuoco. E il ministro delle Infrastrutture Delrio ad assicurare che in quel momento il dossier non era sul suo tavolo, perchè «abbiamo dossier più urgenti».

La storia
La storia infinita di questa mega infrastruttura , di cui si parla dai tempi degli antichi romani, di Carlo Magno, dei re normanni di Sicilia, dell'Italia monarchica e infine della prima e seconda repubblica, sembrava conclusa all'inizio del 2013, negli ultimi mesi del governo Monti. Con l'articolo 34-decies del Dl 18 ottobre 2012, n. 179 (convertito con la legge 221/2012) si era stabilita la «caducazione ex lege» del contratto del 2006 con il general contractor Eurolink (Salini Impregilo al 45%, poi la spagnola Sacyr, Condotte, Cmc, un'mpresa giapponese) se non fossero state rispettate una serie di scadenze precise per valutare la fattibilitò tecnica ed economico-finanziaria del progetto, con prima tappa al 28 febbraio 2013 per l'accettazione da parte delle imprese del meccanismo della caducazione automatica, con conseguente rinuncia a pretese risarcitorie. Ma il general contractor denuncia il meccanismo come illegittimo, non firma l'addendum e apre il contenzioso giudiziario. In base alla norma di legge del 2012 il contratto (che valeva 4.730 milioni di euro, con un costo complessivo dell'opera di 5.795 milioni) decade automaticamente e la società Stretto di Messina (controllata dall'Anas) viene messa in liquidazione dal governo Monti, nominando commissario liquidatore l'ex capo di gabinetto dell'Economia Vincenzo Fortunato.
Un primo stop all'opera era arrivato già dal Governo Prodi (2006-2008). Ma con il ritorno al governo del centrodestra guidato da Silvio Berlusconi, il 22 maggio 2008 il Ministro delle Infrastrutture Altero Matteoli inviava alla Società Stretto di Messina una lettera in cui invitava a porre in essere, nei tempi più brevi, tutte le condizioni per la ripresa delle attività inerenti alla costruzione del Ponte sullo Stretto di Messina. Una lettera che fece ripartire la macchina del progetto, fino allo stop di Monti nel 2013.

© Riproduzione riservata