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Francesco parte per la «periferia» europea del Caucaso (Georgia e…

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in georgia e azerbaigian

Francesco parte per la «periferia» europea del Caucaso (Georgia e Azerbaigian)

(Ansa)
(Ansa)

È l'ultimo lembo della “periferia” del continente europeo, ormai quasi Asia secondo alcuni parametri geopolitici. È lì, in quella martoriata terra del Caucaso dove Papa Francesco torna, nella visita in Georgia e Azerbaigian che inizia oggi e finisce domenica. Una visita che inizia questa mattina –il volo Alitalia decolla di primo mattino- all'insegna della pace e della riconciliazione, della convivenza e della tolleranza, legata a doppio filo alla visita del giugno scorso in Armenia. In questa vasta terra lambita dal dramma dei rifugiati in fuga dall'Isis -ma anche dai molti profughi costretti a lasciare le zone di confine con la Russia dopo la guerra del 2008- dove il cristianesimo ha attecchito fin dall'origine il Papa andrà in due paesi confinanti ma profondamente diversi per storia e tradizioni (anche religiose), anche se con il triste legame del dominio sovietico fino all'inizio degli anni '90.

La Georgia a grande maggioranza cristiano ortodossa, l'Azerbaigian pressoché totalmente musulmano a maggioranza sciita: in queste terre la presenza cattolica è minima. La visita a Tbilisi è segnata dal riavvicinamento faticoso ma ormai assodato con gli ortodossi della chiesa autocefala, che in passato è stata profondamente ostile ai cattolici. Ora l'aria sta cambiando: una delegazione ortodossa parteciperà alla messa che il Papa celebrerà domani: l'anziano patriarca Ilia (Elia) II -che aveva disertato il concilio panortodosso di Creta insieme al russo Kirill- non parteciperà alla celebrazione ma sarà però presente alla cerimonia di benvenuto all'aeroporto della capitale georgiana e riceverà poi Francesco nel palazzo del Patriarcato.

Poi domenica a Baku, capitale della nazione azera (dove Giovanni Paolo II andò nel 2002, una visita che ha segnato in positivo la vita del paese) che gode della straordinaria ricchezza petrolifera fin dall'inizio del secolo scorso e che con il ritorno dell'indipendenza è anche un'isola di effettiva tolleranza multiculturale, tanto che nella capitale c'è una storica e fiorente comunità ebraica. L'Azerbaigian da un quarto di secolo rivendica la sovranità sul Nagorno-Karabakh, il territorio controllato militarmente dall'Armenia fin dal 1992, una questione irrisolta e catalogata tra i conflitti dimenticati, anche se “attivi”: il Papa non dovrebbe parlarne, proprio per evitare di entrare in una questione molto delicata, e della quale si occupa con scarso successo la diplomazia internazionale (il gruppo di Minsk).

Parolin: «Il Papa va come un amico, per incontrare»
Per il Segretario di Stato, cardinale Pietro Parolin, Papa Francesco sarà in Georgia e Azerbaigian «per favorire la cultura dell'incontro», dice il primo ministro della Santa Sede in un'intervista al Ctv. «Papa Francesco va sempre come un amico, soprattutto per incontrare: incontrare le persone, incontrare le realtà così differenziate, per incontrare i popoli, per favorire questa cultura dell'incontro che gli sta tanto a cuore. E ovviamente a questa cultura dell'incontro è vincolato tutto il tema della pace». Parolin spiega la situazione della Chiesa in Georgia: «Sappiamo che la Georgia è stato uno dei primi Paesi che ha accettato il cristianesimo in forma ufficiale attraverso l'opera evangelizzatrice di una santa, di una donna -sottolineiamo anche questo- santa Nino del IV secolo. Ancora oggi la caratteristica, l'impronta della società georgiana è cristiana. Il Papa va anche per incontrare questa Chiesa, la Chiesa ortodossa georgiana, il suo catholicos patriarca Ilia II per cercare di stringere, di favorire, di promuovere reciproci legami di amicizia, vincoli di amicizia».

Alla vigilia della visita di Francesco il presidente azero Ilham Aliyev – riferisce l'agenzia Fides - ha denunciato il rischio di una risorgenza del fascismo nel cuore del Vecchio Continente, sotto le spoglie delle pulsioni xenofobe e islamofobiche che si vanno diffondendo in misura crescente in molte nazioni europee. «Oggi -ha dichiarato il presidente della Repubblica ex sovietica, intervenendo al quinto Forum umanitario internazionale in corso a Baku- alcuni politici ed esperti mondiali stanno costruendo un'immagine negativa dell'Islam, collegandola con il terrore e allo stesso tempo dimenticando di dire che i Paesi più colpiti dal terrorismo sono quelli islamici».

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