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Dossier L’economia alla portata di tutti con il quotidiano

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    Dossier | N. 4 articoliCome si legge «Il Sole 24 Ore»

    L’economia alla portata di tutti con il quotidiano

    «Conoscere l’economia con il quotidiano» e «Come si legge Il Sole 24 Ore»: un accostamento che dura da decenni. Del cammino delle economie - e di quella italiana in particolare – Il Sole 24 Ore è da sempre guida e interprete. E il libro che scaturì dal crescente successo del quotidiano – appunto, «Come si legge il Sole 24 Ore» – seppe aggiungere a un folgorante successo iniziale la tenuta di un cavallo di razza: segno che rispondeva a un bisogno vero di un pubblico che è giustamente assetato di economia.

    Abbiamo voluto riproporre quell’accostamento con un altro formato: una nuova collana in venti uscite settimanali in cui i grandi temi dell’economia odierna vengono esposti e smussati («L’economia alla portata di tutti» è il tema del primo fascicolo giovedì 6 ottobre), con un costante riferimento a come nel Sole 24 Ore - tanto sul quotidiano quanto sul sito e sull’insieme dei servizi digitali - questi temi sono descritti e trattati.

    “Una nuova collana in 20 uscite settimanali in cui i grandi temi dell’economia sono esposti e smussati con un costante riferimento a come vengono trattati nel Sole 24 Ore”

     

    La parola ”economia” ha due significati: l’economia come scienza e l’economia come fatto, come realtà pulsante del tessuto produttivo di un Paese. Questa iniziativa copre ambedue i significati, con una costante attenzione al collegamento fra i “massimi sistemi” dell’economia e i “minimi sistemi” della vita quotidiana, dai consumi al posto di lavoro, dalle tasse ai servizi pubblici, dalla casa ai BoT alle azioni...

    L’informazione economica è la “materia prima” dell’economia. L’espressione non è esagerata, ché la teoria economica ci ricorda che un mercato può funzionare solo se c’è concorrenza e la concorrenza ha bisogno del massimo d’informazione: sul prodotto, sui produttori, sui finanziatori, sui consumatori… E in una benefica interazione, è il mercato stesso che chiede poi un’informazione sempre più libera e completa: un’informazione che Il Sole 24 Ore, giornale dell’economia e non giornale di parte, si è sempre impegnato a fornire.

    Sarebbe riduttivo pensare che il bisogno di capire i fatti economici sia legato solo a questioni di portafoglio. Le ragioni profonde di questa sete stanno nella sensazione di impotenza che tanti provano guardando al dispiegarsi dei fatti dell’economia. Il mutuo costa più di prima? Salgono i prezzi? Il figlio laureato non trova lavoro? Il cittadino guarda al mondo che lo circonda e trova, nelle cattive notizie come nelle buone, ragioni di sopraffazione: si sente dominato da forze che non capisce, che non controlla, che volano alto o basso ma in ogni caso a un livello diverso dal suo.

    “L’informazione è la materia prima. Il mercato funziona solo se c’è concorrenza e richiede il massimo d’informazione: su prodotto, produttori, finanziatori e consumatori”

     

    Se in un Paese scoppia uno scandalo come quello italiano delle tangenti dell’inizio degli anni 90, è facile incolpare il Governo, i politici, la classe dirigente. Ma se scoppia la crisi economica, chi incolpare? Gli stessi parlamentari, gli stessi ministri danno la colpa alla crisi come si potrebbe dar la colpa alla grandine o al terremoto. E il cittadino si sente frustrato dal non poter “guardare in faccia” il responsabile di questa sofferenza economica.
    La risposta, naturalmente, sta nel fatto che l’economia obbedisce a delle leggi sue proprie, che sono diverse dalle leggi approvate dal Parlamento, e ancora diverse dai (ma certo non incompatibili coi) Dieci Comandamenti. Capire queste leggi non vuole dire certo poterle dominare.

    L’economia è fatta dai comportamenti di milioni di individui, e nessuno può essere dittatore dell’economia. Le pretese delle “economie di comando” dei Paesi socialisti sono state spazzate via dalla storia. Ma se capire non basta per dominare, basta per non essere dominati. Cioè a dire, la comprensione dei meccanismi dell’economia restituisce il cittadino al ruolo di spettatore intelligente, e non di oggetto passivo. Di più, questa comprensione permette di giudicare della compatibilità fra i propri comportamenti e i risultati che si vogliono ottenere. Basta qualche esempio:
    - chiedere aumenti di stipendio che l’impresa non può sopportare mette in pericolo lo stipendio stesso;
    - evadere le tasse può voler dire pagare rate più salate sul mutuo, se il deficit pubblico obbliga a far salire i tassi di interesse;
    - non contentarsi dei primi prezzi nei negozi, ma andare a cercare il prezzo - migliore rifiutando gli aumenti che paiono ingiustificati: questa non è solo una ricetta per rafforzare il bilancio familiare, è un comportamento che obbliga il sistema distributivo a diventare più efficiente.

    Da molti (troppi) anni l’Italia non cresce. Anche il Vecchio Continente è in ritardo rispetto alle aree più dinamiche (Usa, Cina, India…), ma è l’intero pianeta che sembra aver perso lo smalto e lo slancio di un tempo.

    La Grande Recessione ha lasciato ferite profonde e ci vorrà tempo per rimarginarle. Le politiche economiche hanno fatto molto per contrastare la debolezza. La politica monetaria si è avventurata nella “terra incognita” dei tassi di interesse negativi e della creazione massiccia di liquidità. La politica di bilancio, dopo aver dato supporto all’economia con deficit e debiti, è ferma al palo, timorosa delle conseguenze di un indebitamento crescente sul rifinanziamento dei titoli pubblici in scadenza. E le riforme “strutturali”, da tutti invocate come fonte alternativa di crescita, sono sì necessarie, ma i frutti si vedono nel medio periodo, mentre nel breve portano dislocazioni e incertezza.

    “Nelle fasi difficili c’è bisogno di tornare ai fondamentali: l’intreccio fra domanda e offerta, la distribuzione dei redditi fra profitti e salari, l’apertura agli scambi ”

     

    La sensazione di impotenza delle politiche economiche si aggiunge alle tensioni geopolitiche – crisi migratoria, ebollizioni nella caldaia medio-orientale, brividi da guerra fredda fra America e Russia – in un amaro “combinato disposto” che genera crescenti frustrazioni con lo status quo. Sorgono così movimenti politici che capitalizzano sulla disaffezione dei cittadini e cercano vie d’uscita – via l’euro, via l’Europa... – che, per quanto illusorie, attizzano il malessere generale.

    In queste circostanze difficili c’è bisogno di tornare ai fondamentali: il modo naturale dell’economia è la crescita, non la stagnazione. Nella prima uscita abbiamo voluto tornare, appunto, ai fondamentali: spiegare come l’intreccio fra domanda e offerta spinge il sistema economico, come la distribuzione dei redditi fra profitti e salari possa comporsi in una soluzione equa per tutti, come l’apertura agli scambi sia una preziosa componente dell’assetto economico del Paese. Con l’augurio che il malessere presente possa presto lasciar luogo alla riscoperta di quei valori che ci permettono di ritrovare la via della crescita.

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