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Francesco: anche da Papa sono vicino agli omosessuali

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Francesco: anche da Papa sono vicino agli omosessuali

(Afp)
(Afp)

Lo dice con naturalezza: sia da sacerdote che da vescovo, e ora da Papa, Bergoglio prosegue nel suo cammino di vicinanza alle persone omosessuali. Ma non per questo rinuncia alla condanna della teoria del gender. E poi degli annunci importante: nel 2017 andrà in India e Bangladesh, a breve creerà 13 nuovi cardinali e visiterà nelle prossime settimane le zone terremotate, in forma privata.

Lei ha parlato del gender che distrugge il matrimonio. Che cosa direbbe a chi soffre e sente che la sua identità sessuale non corrisponde a quella biologica?
«Ho accompagnato nella mia vita di sacerdote, di vescovo e anche di Papa persone con tendenza e con pratica omosessuali. Li ho accompagnati e avvicinati al Signore, alcuni non possono... Ma le persone si devono accompagnare come le accompagna Gesù. Quando una persona che ha questa condizione arriva davanti a Gesù, lui sicuramente non dirà: “Vattene via che sei omosessuale!”. Quello che di cui ho parlato è quella cattiveria che oggi si fa con l'indottrinamento della teoria del gender. Mi raccontava un papà francese che a tavola stava parlando con i figli, e ha domandato al ragazzo di dieci anni: “Tu che cosa voi fare da grande?”. “La ragazza!”. E il papà si è accorto che nei libri di scuola si insegnava la teoria del gender, e questo è contro le cose naturali. Una cosa è che una persona abbia questa tendenza o questa opzione, o anche chi cambia il sesso. Un'altra cosa è fare l'insegnamento nelle scuole su questa linea, per cambiare la mentalità. Queste io le chiamo colonizzazioni ideologiche. L'anno scorso ho ricevuto una lettera di uno spagnolo che mi raccontava la su storia di bambino e di ragazzo. Era una bambina, una ragazza che ha sofferto tanto. Si sentiva ragazzo ma era fisicamente una ragazza. Lo aveva raccontato alla mamma dicendo di volersi fare l'intervento chirurgico. Ha fatto l'intervento, ora è un impiegato di un ministero in Spagna. È andato dal vescovo e lo ha accompagnato tanto. Un bravo vescovo questo, “perdeva” tempo per accompagnare quest'uomo. Poi si è sposato, ha cambiato questa identità civile e lui - che era lei ma è lui - mi ha scritto che sarebbe stato di consolazione per lui venire da me. Li ho ricevuti. Mi ha raccontato che nel quartiere dove lui abitava c'era un vecchio sacerdote, il vecchio parroco, e c'era il nuovo. Quando il nuovo parroco lo vedeva, lo sgridava dal marciapiede: “Andrai all'inferno!”. Quando trovava il vecchio, gli diceva: “Da quanto tempo non ti confessi? Vieni, vieni..”. La vita è la vita, e le cose si devono prendere come vengono. Il peccato è il peccato. Le tendenze o gli squilibri ormonali danno tanti problemi e dobbiamo essere attenti a dire che tutto è lo stesso: ogni caso accoglierlo, accompagnarlo, studiarlo, discernere e integrarlo. Questo è quello che farebbe Gesù oggi. Per favore però adesso non dite: il Papa santificherà i trans! Già mi vedo già le prime pagine dei giornali... È un problema umano, di morale. E si deve risolvere come si può, sempre con la misericordia di Dio, con la verità, ma sempre col cuore aperto».

Lei ieri ha parlato di una guerra mondiale contro il matrimonio con parole forti contro il divorzio. Ma nei mesi scorsi si era parlato di accoglienza per i divorziati.
«Amoris laetitia (il documento post-Sinodo, ndr) parla di come trattare questi casi, le famiglie ferite, e c'entra la misericordia. Le debolezze umane esistono, i peccati esistono, ma sempre l'ultima parola non ce l'ha la debolezza, non ce l'ha il peccato, ma la misericordia! Nel matrimonio ci sono i problemi, e come si risolvono? Con quattro criteri: accogliere le famiglie ferite, accompagnare, discernere ogni caso e integrare. Questo significa collaborare in questa ricreazione meravigliosa che ha fatto il Signore con la redenzione. C'è il peccato, la rottura, ma anche la cura, la misericordia, la redenzione».

Quando andrà a trovare i terremotati italiani e come sarà questa visita?
«Mi sono state proposte tre date, due non le ricordo, la terza è la prima domenica di Avvento. Appena rientrato sceglierò la data. Farò una visita privata, da solo, come sacerdote, come vescovo e come Papa. Vorrei essere vicino alla gente, ma non so ancora come».

Quali saranno i viaggi internazionali del 2017?
«Andrò in Portogallo, e andrò soltanto a Fatima. Andrò quasi di sicuro in India e Bangladesh. In Africa non è sicuro, dipende da situazione politica e dalle guerre. In Colombia: ho detto che se il processo di pace riesce, quando tutto sarà blindato, se vince il plebiscito, quando tutto sia sicuro e non si può tornare indietro, potrei andare...».

Quali difficoltà impediscono una visita del Papa in Cina?
«Le relazioni tra Vaticano e Cina si devono fissare in un buon rapporto, ci vuole tempo. Le cose lente vanno bene, quelle fatte in fretta no. Il popolo cinese ha la mia stima. L'altro giorno all'Accademia delle scienze c'è stato un convegno e c'era una delegazione dalla Cina: il presidente cinese mi ha mandato un regalo. Mi piacerebbe andare, ma non penso ancora...».

Il vescovo Lebrun (di Rouen, la città dove è stato ucciso il sacerdote francese) ha detto che lei ha autorizzato a derogare l'attesa di cinque anni per iniziare il processo di beatificazione di padre Hamel, ucciso in chiesa dai fondamentalisti...
«Sì, l'intenzione è fare le ricerche necessarie per vedere se ci sono le ragioni per farlo beato. Non bisogna perdere le testimonianze fresche, quello che ha visto la gente».

Che cosa deve accadere per arrivare a una pace permanente tra Armenia e Azerbaigian (per il conflitto sul Nagorno Karabakh)?
«L'unico cammino è il dialogo sincero, faccia a faccia, senza accordi sottobanco. Un negoziato sincero. E se non si può arrivare a questo, bisogna avere il coraggio di andare a un Tribunale internazionale, all'Aia per esempio, e sottomettersi al giudizio internazionale. L'altra via è la guerra. Ma con la guerra si perde tutto!».

Per il prossimo premio Nobel per la pace ci sono vari candidati. Lei chi spera che vinca?
«C'è tanta gente che vive per fare la guerra, per fare la vendita delle armi, per uccidere. Ma anche c'è tanta gente, tanta, che lavora per la pace. Non saprei dire quale persona scegliere, è difficile. Mi auguro che a livello internazionale ci sia un ricordo, una dichiarazione sui bambini, sugli invalidi, sui minorenni, sui civili morti sotto le bombe delle guerre. Credo che quello sia un peccato contro Gesù Cristo, perché la carne di quei bambini, di quella gente ammalata, di quegli anziani indifesi, è la carne di Gesù Cristo. Bisognerebbe che l'umanità dicesse qualcosa sulle vittime delle guerre».

Un cattolico chi dovrebbe scegliere fra i candidati alle elezioni negli Usa: uno è lontano in molti punti dall'insegnamento della Chiesa, e l'altro che ha fatto certe dichiarazioni sugli immigrati e sulle minoranze...
«Mi fa una domanda difficile, perché secondo lei ci sono difficoltà in uno e nell'altro. In campagna elettorale io mai dico una parola. Il popolo è sovrano e soltanto dirò: studia bene le proposte, prega e scegli in coscienza! Poi esco dal caso specifico: quando succede che in un Paese qualsiasi ci sono due, tre quattro candidati che non danno soddisfazione a tutti, significa che la vita politica di quel Paese forse è troppo politicizzata ma non ha tanta cultura politica. Ci sono Paesi - penso all'America latina - che sono troppo politicizzati ma non hanno cultura politica, senza un pensiero chiaro sulle basi, sulle proposte».

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