Italia

Così il fintech italiano finanzia le nostre Pmi (in un mercato che…

  • Abbonati
  • Accedi
credito alle imprese

Così il fintech italiano finanzia le nostre Pmi (in un mercato che vale un quarto del Pil)

Con il consueto ritardo rispetto al mondo anglosassone, il nostro Paese sta scoprendo il digital invoice financing. Ovvero il mondo delle piattaforme digitali che permettono la cessione del credito di fatture pagate con dilazioni, per anticiparne il pagamento in modo rapido e conveniente. Si tratta di un mercato colossale: ogni anno in Italia le piccole e medie imprese chiedono circa 100 miliardi di euro di finanziamenti a valere su crediti commerciali a banche e società di factoring (dall’anticipo fatture e RiBa al factoring), ma tenendo conto del fatto che i crediti hanno scadenza media almeno a 90 giorni, il totale dei flussi finanziati ammonta a circa 400 miliardi di euro, con qualcosa come quasi mezzo milione di aziende coinvolte. Stiamo parlando di cifre impressionanti, quasi un quarto del Pil italiano. Non a caso in questo settore il nostro Paese è il quarto mercato mondiale come giro d’affari, dopo Cina, Gran Bretagna e Francia.

Ma assieme a un mercato enorme, il digital invoice financing in Italia rappresenta una rivoluzione sotto il profilo del credito alle imprese. Sì, perché aggiunge un canale di trasmissione alternativo diverso da quello bancario (egemone nel nostro Paese e più in generale in Europa), che può essere estremamente stabile, se affidato a gestori tradizionali vigilati dalle autorità di controllo. «Attraverso il digital invoice financing investitori istituzionali, ossia gestori del risparmio delle famiglie, finanziano il circolante di aziende virtuose, permettendo di ottenere rendimenti intorno al 5-6% lordo, interessanti anche per chi li riceve», spiega Ignazio Rocco di Torrepadula, fondatore e ceo di Credimi.com, unica piattaforma digitale italiana di invoice financing autorizzata dalla Banca d’Italia per la concessione dei finanziamenti al pubblico. Credimi.com è in pratica un intermediario tra i grandi gestori di fondi comuni (aperti e chiusi) e le piccole e medie imprese nazionali.

Proprio la presenza di soggetti solidi e vigilati rende questo canale di trasmissione della liquidità relativamente stabile, anche in fasi di shock esterni, a differenza di quanto avvenuto nella Cina dello shadow banking. «Se gli investimenti sono fatti da fondi chiusi questi non possono avere riscatti improvvisi per definizione - sottolinea Torrepadula - mentre quelli aperti hanno norme rigide sulla gestione delle scadenze, essendo istituzioni controllate. Questo contribuirà ad evitare fenomeni di shadow banking pericolosi come quelli cinesi, dove purtroppo si sono verificati disallineamenti di scadenze avvenuti in modo non vigilato e trasferimento del rischio a controparti non autorizzate».

Ma vediamo i vantaggi del digital invoice financing da due punti di vista differenti: imprese e investori. Partiamo dalle aziende. Con una piattaforma come Credimi.com, le piccole e medie imprese sane possono cedere il credito relativo a fatture commerciali, per anticiparne il pagamento. Tutto avviene via Internet, senza alcun documento cartaceo, ed effettuare la richiesta richiede all’azienda pochi minuti: ricevuta la richiesta, valutati i rischi con dati tradizionali (gli stessi delle banche tradizionali) e algoritmi proprietari, la piattaforma fornisce entro tre-quattro ore una risposta e un prezzo all’azienda. Se la Pmi accetta, il bonifico sul conto aziendale arriva entro 48 ore, a tassi inferiori a quelli medi effettivi italiani per i crediti commerciali (4,67% la media nazionale, che però sale fino a oltre il 10% per quelli considerati ad alto rischio e inferiori a 100mila euro).

Dal punto di vista del risparmiatore, i rendimenti interessanti (5-6% lordo) con durate brevissime (3-4 mesi) garantite da fatture, non escludono che in futuro si affaccino sul mercato fondi alternativi specializzati proprio nel digital invoice financing. «Alcuni fondi hanno già investitori professionali interessati - spiega Torrepadula - mentre altri gestori li inseriranno nella parte liquida di fondi monetari». Questi però sono investimenti che è meglio i privati non facciano direttamente, sottolinea il ceo di Credimi.com: «l’asset manager resta per noi una figura fondamentale perché vogliamo costruire qualcosa di solido e robusto che sopravviva in qualsiasi fase di rischio, anche durante un’ipotetica violenta recessione».

© Riproduzione riservata