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Dalla riorganizzazione di Atac ai debiti di Ama, tutti i dossier di Colomban

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Dalla riorganizzazione di Atac ai debiti di Ama, tutti i dossier di Colomban

L’assessore alle partecipate del Campidoglio Massimo Colomban
L’assessore alle partecipate del Campidoglio Massimo Colomban

Nessuna intenzione di «azzerare le partecipate». Nel suo primo giorno in Campidoglio il neoassessore Massimo Colomban mette in chiaro che dismettere non sarà la parola d’ordine. Riorganizzare però sarà d’obbligo, se non altro perché la nebulosa di quasi 80 tra partecipate e Fondazioni, Acea esclusa, costa a Roma Capitale 1,67 miliardi di euro, l’80% dei quali assorbiti da trasporti (con Atac che costa 609,7 milioni) e rifiuti (con Ama che pesa per 834,7 milioni).

Entro la primavera bisognerà produrre i piani di razionalizzazione previsti dalla riforma Madia. Ma la prima decisione che Colomban deve prendere riguarda la governance: l’ex superassessore Marcello Minenna, in tandem con la ex capo di gabinetto Carla Romana Raineri aveva messo a punto una delibera che prevedeva l’addio ai Cda, con l’amministratore unico per le società più piccole, affiancato da un direttore generale per quelle più grandi. Ma il provvedimento fu bloccato ad agosto prima di arrivare in giunta. «Verifiche tecniche», si disse. Ma già serpeggiavano diversità di vedute, e l’idea che la sola diarchia ai vertici non sarebbe stata sufficiente a reggere il timone delle partecipate maggiori.

Sul tavolo ci sono poi i nodi concreti. A partire da Atac, che ha in stand by il piano di riorganizzazione partito a luglio 2015 con una ricapitalizzazione da 180 milioni. Per la partecipata dei trasporti (150mila chilometri percorsi, 11.878 dipendenti, 89 milioni di disavanzo nel 2015 e tredici anni senza un pareggio) Minenna aveva riaperto il dialogo con le banche per ridefinire un piano finanziario in grado di procurare nuove disponibilità per 50 milioni, anche con l’avvio di project financing con concessioni abbinate per evitare l’alienazione degli immobili di pregio. Il nuovo amministratore unico Manuel Fantasia ha ricominciato il valzer con gli istituti di credito per rinnovare la proroga già concessa ad aprile, che scade a metà ottobre. Non solo: oltre ai 18 milioni già recuperati per la manutenzione dei treni della metro A, ne mancano all’appello altri 40. Non va meglio per Ama, 7.800 dipendenti, ultimi due esercizi chiusi in utile (893mila euro nel 2015) ma un debito di 600 milioni. Nei prossimi giorni dovrebbe essere nominato il nuovo amministratore unico. Minenna aveva intenzione di chiudere i contratti derivati in essere (la società ha un’esposizione finanziaria di circa 500 milioni, per 30 milioni a mark to market negativo) e strappare alle banche condizioni di indebitamento inferiori all’attuale 7%.

Aequa Roma ha i vertici in prorogatio: l’ex assessore voleva farne la società romana per la riscossione in house al posto di Equitalia. Multiservizi, società strumentale di Ama, a breve non potrà più ricevere appalti in affidamento diretto. L’assessora Paola Muraro e il presidente della commissione capitolina Ambiente Daniele Diaco hanno assicurato: «Vogliamo che l’azienda diventi al 100% del Comune». Ma la rilevazione del 49% detenuto da Manutencoop va ponderata. Su tutto, conterà la visione. Minenna, procedendo per accorpamenti e sinergie, voleva far diventare Roma Capitale una holding simile a un distretto finanziario, come la City of London o State of New York. Colomban dovrà chiarire la sua.

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