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Patuelli (Abi): in Italia già avanti con i piani di ristrutturazione

  • –Gianni Trovati

ROMA

La ristrutturazione del sistema bancario italiano va avanti a tappe forzate, nei primi mesi del 2016 le chiusure di filiali «sono state superiori a ogni aspettativa» e nel contratto nazionale di settore ci sono «gli strumenti per affrontare i processi organizzativi».

Lo scenario disegnato ieri mattina a Roma dal presidente dell’Abi Antonio Patuelli, intervenuto al convegno «Obbligati a crescere» organizzato dal Messaggero, può essere letto come una sorta di “risposta preventiva” agli allarmi lanciati nel primo pomeriggio dal Fondo monetario internazionale.

I nodi strutturali, del resto, sono noti, e secondo i diretti interessati il loro superamento passa da tre mosse: ristrutturazioni, fiducia e stabilità normativa.

Sul primo versante, le ricadute occupazionali vanno gestite indirizzando i fondi di solidarietà alimentati dal settore «al sostegno dei prepensionamenti volontari», mentre resta aperta la partita specifica sulle quattro good bank (Banca Etruria, Banca Marche, Carichieti e Carife) da vendere per evitare una liquidazione che colpirebbe 6mila dipendenti.

Il 2017, prevede Patuelli, «vedrà un numero ridottissimo di gruppi bancari e di banche indipendenti in Italia», anche se le aggregazioni subiscono nell’ottica del presidente Abi un doppio colpo «dalla vigilanza unica che troppo spesso chiede capitali supplementari» e «dall’anacronistica sopravvivenza nostrana dell’Iva infragruppo».

Proprio l’orizzonte delle regole europee rappresenta uno dei fronti più critici nel sistema del credito. A dominarlo sono le conseguenze operative del bail in, «ancora da valutare in tutte le loro ricadute» secondo il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan.

Ma il bail in, su cui il governo continua il proprio confronto in Europa, è solo il prodotto più noto di un cantiere normativo in continua attività, che secondo i calcoli Abi ha generato in Europa nei primi sei mesi di quest’anno 630 provvedimenti definitivi o in consultazione. In Italia, invece, la spinta va accelerata sulle «regole di trasparenza semplice» che l’Abi chiede alla Consob per recuperare la fiducia di investitori e clienti.

La «salvaguardia delle banche è indispensabile punto e basta», taglia corto l’ex presidente del consiglio Romano Prodi, per garantire la cinghia di trasmissione del credito a un Paese che «dal punto di vista industriale si regge su due-tremila medie imprese». Proprio la centralità bancaria, tuttavia, resta un tema critico, come sottolinea il presidente di Cassa depositi e prestiti Claudio Costamagna. Nel ruolo di fondi e private equity come strumenti alternativi alla crescita delle imprese, spiega il presidente di Cdp, l’Italia è «penultima in Europa, seguita solo dalla Grecia», mentre crescita dimensionale e quotazione in Borsa rimangono al palo.

gianni.trovati@ilsole24ore.com

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