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Compiti a casa, Ocse: solo i russi ne hanno più degli italiani

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la «rivolta» dei genitori

Compiti a casa, Ocse: solo i russi ne hanno più degli italiani

I compiti a casa sono diventati l’incubo degli studenti italiani e anche dei loro genitori, obbligati a trascorrere le poche ore libere dal lavoro tra i problemi di matematica e le nozioni di storia dei figli. E - stando ai dati Ocse - la polemica non è affatto infondata: gli alunni italiani sono quelli con più compiti a casa, dopo i russi. Secondo il rapporto Ocse, infatti, i quindicenni russi impiegano 10 ore la settimana per svolgere i compiti. Ai loro coetanei italiani, invece, servono 9 ore per tenersi al passo con quanto richiesto dai professori.

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Facendo un rapido calcolo, i ragazzi italiani spendono sui libri circa 2 ore al giorno, oltre a quelle trascorse in classe. Troppo secondo alcuni, tanto secondo il dato medio dei Paesi Ocse che indica in 4 ore e mezzo il totale del tempo necessario per i compiti a casa.

I COMPITI A CASA
Quante ore si studia. (Fonte: Ocse)

In numerosi Paesi il sistema dell’istruzione non prevede così tante ore di studio a domicilio: in Finlandia e in Corea, per esempio, in totale i ragazzi studiano solo tre ore la settimana perché il grosso del lavoro si svolge in classe, dove oltre ad assistere alle lezioni gli studenti trascorrono diverse ore ad esercitarsi nelle varie materie. Al massimo, in questi Paesi, l’impegno richiesto dalle scuole è quello da svolgere a casa nel fine settimana.

Se le nove ore necessarie agli italiani per lo studio a casa sembrano tante, ancora più pesante è il dato del 2003: dieci ore e mezzo alla settimana. A preoccupare - oltre al fatto che in una società in cui l’istruzione “pesa” così tanto sul tempo libero i ragazzi non abbiano spazio per svolgere altre attività (sportive, ludiche, culturali eccetera) - è che a un numero elevato di ore di studio non corrisponde un miglioramento delle prestazioni.

Ma se tanto tempo trascorso tra i problemi di algebra e le declinazioni di latino non porta benefici in termini di competenze, allora perché i docenti italiani si ostinano ad assegnare così tanti compiti a casa? Secondo il ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini, «sono gli insegnanti più insicuri ad assegnare un carico eccessivo di lavoro a casa». Ai genitori imbufaliti per la mole di compiti a cui i figli sono costretti ogni pomeriggio il ministro ha risposto che la prossima riforma della scuola («La buona scuola») cambierà anche questo aspetto dell’istruzione, rendendo lo studio a casa meno pesante. Si studierà di più in classe, anche attraverso modalità innovative e interattive di lavoro, ma i compiti a casa non verranno cancellati del tutto.

Sul tema i genitori italiani si sono divisi, alimentando il dibattito sui social network e davanti alle scuole, in attesa dei figli in uscita: c’è chi sostiene che sia eccessivo pretendere che i ragazzi trascorrano tutto il pomeriggio sui libri e chi, invece, ritiene che i compiti servano a migliorare l’istruzione e anche la disciplina dei figli, che in questo modo imparano anche a rispettare i docenti e le loro richieste. Su internet negli ultimi giorni si sono diffuse diverse storie di genitori che - esasperati dal numero di ore passate a studiare con i figli - hanno firmato giustifiche indirizzate agli insegnanti, protestando per gli assegni.

“«Voi avete nove mesi per insegnargli nozioni e cultura, io tre mesi pieni per insegnarvi a vivere»”

Marino Peiretti, il padre che ha giustificato il figlio per non aver svolto i compiti delle vacanze 

A non piacere alla metà dei genitori italiani non sono solo i compiti quotidiani, ma anche quelli assegnati durante le vacanze estive: è di qualche settimana fa la notizia di Marino Peiretti, un padre di Varese che ha scritto alla scuola dichiarando che il proprio figlio non aveva svolto i compiti estivi perché era stato impegno durante l’estate a svolgere attività altrettanto importanti come fare gite in bici, costruire una tenda da campeggio, gestire la casa e la cucina: «Voi - scriveva il papà - avete nove mesi circa per insegnargli nozioni e cultura, io tre mesi pieni per insegnargli a vivere».

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