ROMA -Il leit motiv non cambia. Il referendum - ripete il premier - «non è un derby tra Renzi ed il resto del mondo ma dell’Italia contro la vecchia guardia». Lo ribadisce anche Maria Elena Boschi nel faccia a faccia con Matteo Salvini, andato in onda su La7 e che il leader della Lega ha aperto tirando in ballo il caso Etruria di cui il padre del ministro per le Riforme era vicepresidente. «Il referendum non è su mio padre ma sul futuro del Paese. E comunque mio padre sta pagando perché da noi la legge è uguale per tutti. Salvini pensi ai cittadini truffati dalla banca della Lega che non hanno avuto una lira di rimborso», ha replicato Boschi. L’obiettivo principale del No è «mandare a casa Renzi e la signorina Boschi», ha ripetuto invece Salvini tornando a concentrare la campagna elettorale sul premier.
Una personalizzazione ch esta caratterizzando tutto il dibattito politico, visto lo scontro prolungato tra Renzi e D’Alema andato in scena anche ieri. Il premier è convinto che l’obiettivo del suo avversario sia quello di utilizzare il referendum per rientrare in partita («lui vota no perché spera di essere il futuro»). D’Alema però non ci sta: «Alla Normale di Pisa non ho trovato uno studente che voti Si, nenache uno, e sono loro il futuro del Paese», ha replicato con riferimento al derby tra vecchio e nuovo cavalcato dal premier, con il quale - anticipa - non è intenzionato a partecipare «a rodei televisivi».
Sulla riforma è tornato anche Giorgio Napolitano. L’ex Capo dello Stato, intervenendo alla Biennale dell’economia cooperativa di Bologna, ha detto che anche in Italia è arrivato il momento di risolvere «problemi che ci trasciniamo da decenni anche in campo istituzionale».
Ma il clima surriscaldato travalica ormai i confini nazionali. Dopo l’articolo di Tony Barber contro la riforma costituzionale sul Financial time e la successiva precisazione del quotidiano, che definisce quella dell’editorialista una posizione personale, è intervenuto anche l’Economist. Per il settimanale britannico la principale difficoltà per il fronte del sì è quella di scindere il voto referendario da un giudizio sul Governo. Nonostante i sondaggi siano al momento sfavorevoli al premier, per l’Economist le speranze di vittoria del Sì sono «meno esigue» di quanto possa apparire a prima vista. Un’affermazione assai simile a quella rilasciata al Corriere della sera ieri da Fedele Confalonieri: «Quando in Italia c’era la Dc sembrava che nessuno la votasse. Infatti nei sondaggi era data sempre bassissima. Poi si aprivano le urne e... Magari mi sbaglio, ma penso che sul referendum oggi faccia fino dire “io voto No”», ha detto il presidente di Mediaset che ha confermato la sua propensione a votare a favore della riforma Boschi. Parole che hanno creato non pochi malumori nel centrodestra e soprattutto in Fi: «All’amico Confalonieri dico: come cittadino vota quello che vuoi naturalmente. Come presidente di Mediaset ti chiedo equilibrio e imparzialità». Del resto che Renzi punti ai voti berlusconiani non è un mistero visto che è lui stesso a sostenere di voler guardare a destra per vincere.
Renzi però è consapevole che per riuscire nell’intento ha bisogno anche e soprattutto del contributo del Pd. Le aperture sulla legge elettorale, la disponibilità a modificare l’Italicum (compresa l’eliminazione del ballottaggio) non sono per il momento bastate alla minoranza dem, che attende una parola chiara dal premier in occasione della direzione del partito di lunedì. «Mi auguro che ci sia un atto politico conseguente alle parole pronunciate sulla volontà di modificare la legge elettorale», ha confermato ieri Gianni Cuperlo. La soluzione però è tutt’altro che di facile realizzazione. «Il Pd uscirà unito dalla direzione di lunedì se si discuterà della legge elettorale e si troverà una soluzione, il che non è scontato e credo sia un obiettivo su cui dobbiamo lavorare. Per magia questo temo che non avverrà», è l’avvertimento lanciato dal ministro della Giustizia Andrea Orlando leader della componente dei Giovani Turchi, che nei giorni scorsi ha presentato una sua proposta di modifica già ribattezzata Italikos perché simile al sistema ellenico (premio di maggioranza inferiore a quello dell’Italicum e e turno unico). Finora Renzi si è limitato a offrire una disponibilità a modificare la legge elettorale in presenza di una proposta condivisa a livello parlamentare. Ma per la minoranza dem si tratterebbe solo di un’escamotage da parte del segretario per prendere tempo e scavallare il referendum in presenza di un’intesa in Parlamento.
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