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Cresce il “peso” del sud del mondo nel Sacro Collegio

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L'Analisi|i nuovi cardinaliannunciati dal Papa

Cresce il “peso” del sud del mondo nel Sacro Collegio

Maggiore peso del “sud del mondo” nel collegio cardinalizio. Le nuove porpore annunciate oggi da Papa Francesco confermano il lento ma progressivo calo della presenza europea dentro il Sacro Collegio, che pure resta maggioritaria largamente rispetto agli altri continenti (e l’Italia è in testa di gran lunga, con 25 elettori).

Tredici i nomi dei cardinali “elettori” (cioé che posso partecipare a eventuale conclave) e quattro di ultraottantenni, quindi esclusi da una elezione attiva, di cui una particolarmente sorprendente, un vecchio sacerdote albanese.

In parte ci sono nomine attese: quella dell'arcivescovo di Chigago Blase Cupich, molto stimato dal pontefice e poco in linea con l'episcopato Usa, e anche di Kevin Farrell, da poco portato a Roma da Dallas come prefetto del neo nato dicastero unificato dei Laici e della Famiglia: per lui forse c’è un futuro di peso crescente in Curia, specie in campo economico. Anche un altro statunitense è entrato nella rosa: il redentorista Joseph Tobin di Indianapolis. Quindi tre nuovi cardinali negli Stati Uniti, sono 10 in tutto, numero che riconosce comunque l’importanza di quella grande Chiesa dove il peso ispanico è crescente.

Ma il Papa guarda molto anche al Sud del mondo, il cosiddetto “global South”: due latino americani, un messicano, due africani - tra cui il giovane centroafricano Nzapalainga, neppure cinquantenne, e uno dell’isola Maurizio - un asiatico di vera periferia (Bangladesh), e uno della Papua Nuova Guinea, Oceania.

Tre gli europei: Italia, Spagna, Belgio. L’italiano “elettore” è una “nomina” davvero sorprendente e inedita: quella del nunzio apostolico in Siria, arcivescovo Mario Zenari. Il diplomatico, veneto di origine, è la testimonianza di come il Papa è vicino alle sofferenze della popolazione, che Zenari denuncia con coraggio e cerca di alleviare con un'opera costante e spesso silenziosa.

Nonostante la sua nomina, che presupporrebbe un altro incarico di maggior prestigio, resterà nunzio apostolico (fatto che forse non accadeva dai tempi di Pio XII) e continuerà ad essere presente a Damasco. Nel comunicato questo viene espressamente specificato: «....rimane nell’amata e martoriata Siria».

Tra i quattro non elettori un italiano, l’emerito di Novara Renato Corti (figura molto autorevole nell’episcopato italiano in anni passati), un africano del Lesotho, un asiatico della Malaysia e un prete albanese. Per quest’ultima si tratta davvero di gesto clamoroso: si tratta di Ernest Simoni, sacerdote che ha passato ventotto anni in prigione, torture e lavori forzati durante il regime di Hoxha e del quale Bergoglio ascoltò la testimonianza durante il suo viaggio in Albania nel 2014. Alla fine il Papa, visibilmente commosso, gli aveva baciato le mani.

Delle nomine dei cardinali elettori - che a procedura completata il 19 novembre torneranno a quota 121, quindi il linea con il numero indicato da Paolo VI - Bergoglio aveva parlato nel recente viaggio in Caucaso: «La lista è lunga, - ma ci sono soltanto 13 posti. E si deve pensare di fare un equilibrio. A me piace che si veda, nel Collegio cardinalizio, l’universalità della Chiesa: non soltanto il centro, per dire , “europeo”, ma dappertutto. I cinque continenti, se si può». E così è andata.

Oggi quindi gli annunci dei nuovi cardinali, ma domani (o forse dopodomani) un altro nome dovrebbe essere annunciato: quello del nuovo superiore generale dei gesuiti, che da una settimana hanno riunito la Congregazione generale. Dopo la rinuncia di padre Alfred Nicolas, eletto nel 2008, l’ordine da cui proviene anche Jorge Bergoglio ha riunito gli “stati generali” cui partecipano 215 delegati in rappresentanza dei quasi 17mila gesuiti nel mondo. Il nome quindi nelle prossime ore, al termine del periodo di quattro giorni di “mormorazioni”, il metodo unico al mondo di elezione, studiato e codificato da Ignazio di Loyola, e mai modificato dal ’500.

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