Il fuoco “amico” cresce. Mentre l’ex sindaco di Roma Ignazio Marino all’indomani dell’assoluzione annuncia un tour contro la riforma costituzionale, sempre nella Capitale, al circolo Pd di Testaccio, nascono i comitati dei «Democratici per il No» promossi, tra gli altri, dall’ex portavoce di Pier Luigi Bersani, Stefano Di Traglia, che si sommano a quelli già in campo guidati da Massimo D’Alema. Una mobilitazione che conferma la spaccatura all’interno del Pd sul referendum del 4 dicembre.
Matteo Renzi ne è consapevole. Anzi, è convinto di essere l’unico vero obiettivo dei suoi avversari . Per questo l’attenzione del premier è rivolta soprattutto fuori dal partito, sugli indecisi che sono ancora metà dell’elettorato, piuttosto che a rincorrere possibili mediazioni con chi «comunque - è questo il ragionamento - è intenzionato a votare contro la riforma costituzionale» con l’obiettivo di buttarlo giù. Di qui la presenza quotidiana del premier in giro per l’Italia, amplificata anche dal ritorno in televisione: oggi parteciperà all’Arena di Massimo Giletti per intercettare il pubblico della domenica pomeriggio mentre martedì sera sarà protagonista di Politics, il programma condotto da Gianluca Semprini, finito nel mirino delle critiche anche renziane per il flop di ascolti.
Nel frattempo il premier incassa il sostegno del commissario Pierre Moscovici, che dopo l’apertura al governo italiano sulla flessibilità, dice la sua anche sul referendum. Nella consapevolezza che «tocca agli italiani fare la loro scelta» Moscovici ribadisce però che «in Italia c’è bisogno di forti riforme perché quando le istituzioni funzionano bene il sistema funziona bene».
È quanto ripete anche Maria Elena Boschi che ieri ha sottolineato gli effetti positivi della riforma costituzionale per la semplificazione dei rapporti tra Stato e Regioni: «Questa riforma non riduce la democrazia ma la burocrazia», ha detto il ministro per le Riforme che -intervenendo a Teramo a un dibattito dove erano presenti anche il ministro all’Ambiente Gianluca Galletti, il segretario di Sc Enrico Zanetti e l’ex presidente del Senato Marcello Pera - torna a definire «non serio» chi sostiene che «se fallisce questa riforma tra sei mesi se ne farà un’altra». Ecco perchè «la scelta - avverte Boschi - è oggi».
Un appello che guarda con particolare attenzione all’elettorato moderato. Lo stesso che - come ha detto nei giorni scorsi il presidente di MediasetFedele Confalonieri - al momento non viene intercettato dai sondaggi perché «fa fino» dire di essere per il «No» ma che potrebbe invece rivelarsi nelle urne. Ragionamento che ieri ha riproposto anche Zanetti, secondo cui «il No di una parte della sinistra ideologica e di una parte dell’area “no euro” leghista e grillina è fisiologico tanto quanto è fisiologico che l’area liberale e moderata si schieri compattamente per il Sì a prescindere dal suo posizionamento rispetto al governo attuale». Lo ripete anche Pera che, rivolgendosi idealmente a Silvio Berlusconi, definisce il «No» di Fi una sorta di rinnegamento della storia del partito azzurro
Fi però non ci sta. «Questo referendum vuole confermare una riforma costituzionale che Renzi considera un salto nel futuro, ma che io considero una frana nel passato», ha detto il governatore della Liguria, Giovanni Toti, intervenuto a una manifestazione in Sicilia. Anche il M5s attacca: «Questa riforma darà l’immunità parlamentare a consiglieri comunali e sindaci che hanno gestito la nostra sanità negli ultimi 15 anni. Questa riforma rischia di far aumentare la corruzione in Italia, il Paese con la più alta percezione di corruzione in Europa», ha detto ieri Luigi Di Maio.