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«Quesito eterogeneo», anche Onida ricorre e chiede la sospensione

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Politica

«Quesito eterogeneo», anche Onida ricorre e chiede la sospensione

È un uno-due pesante quello sferrato ieri dal presidente emerito della Consulta Valerio Onida contro il quesito referendario del 4 dicembre, e che potrebbe sfociare in una «sospensione degli atti del procedimento referendario»(con conseguente rinvio del voto). Con due ricorsi presentati insieme alla professoressa Barbara Randazzo, e rivolti al Tribunale civile di Milano e al Tar del Lazio, Onida contesta la chiarezza e l’omogeneità del quesito che, per la sua «eterogeneità», «viola la libertà di voto» dell’elettore mettendolo di fronte a un «prendere o lasciare l’intero pacchetto senza la possibilità di valutare le sue diverse componenti». Ma sia al giudice civile che al Tar si chiede di investire preventivamente la Consulta per verificare la legittimità costituzionale della legge sul referendum (n.352/1970) là dove non prevede l’obbligo di scissione del quesito; e la Corte, a sua volta, dovrà valutare, in via d’urgenza, anche l’eventuale «sospensione» del procedimento referendario. Poiché, infatti, il referendum è stato indetto per il 4 dicembre, il suo svolgimento «comprometterebbe irrimediabilmente» il diritto degli elettori di esprimere un voto libero, rendendo «inutile» una successiva pronuncia della Consulta. Ci sono quindi i presupposti, secondo Onida, affinché la Corte eserciti quei poteri di sospensione previsti in presenza del «rischio di un pregiudizio grave e irreparabile per i diritti dei cittadini».

I ricorsi di Onida arrivano dopo quelli presentati solo al Tar del Lazio da M5S e Sinistra italiana. In quello dell’ex presidente della Consulta si chiede che il giudice amministrativo «prima sospenda e poi annulli» il decreto di indizione del referendum, nonché «ogni atto preliminare, connesso o conseguenziale» ma, anche qui, previa - se necessaria - rimessione alla Consulta per verificare se gli articoli 4, 12 e 16 della legge 353/70 siano costituzionalmente legittimi là dove «non prevedono che, qualora la legge sottoposta a referendum abbia contenuto plurimo ed eterogeneo, agli elettori debbano essere sottoposti tanti quesiti distinti - a cui l’elettore possa rispondere affermativamente o negativamente - quanti sono gli articoli o le parti della legge che abbiano oggetti omogenei».

Questione identica, appunto, a quella sottoposta al Tribunale civile, al quale si chiede di «accertare e dichiarare» il diritto degli elettori a partecipare al referendum «nel rispetto della libertà di voto, violata dall’eterogeneità del quesito così come risultante dal decreto di indizione». La tesi sostenuta nel ricorso è che nella riforma proposta al voto «sono implicati almeno dieci diversi aspetti, tra loro autonomi»: modifica delle funzioni, composizione e elezione del Senato; rapporti tra governo, maggioranza e opposizione; procedimento legislativo e decretazione d’urgenza; iniziativa legislativa popolare, referendum; elezione e funzioni del Presidente della Repubblica; principi della Pa; soppressione del Cnel; abolizione delle province; modifiche dei rapporti tra Stato, regioni ed enti locali; elezione dei giudici della Consulta. Proporre questo «variegato complesso di modifiche mediante un unico quesito» significa mettere l’elettore di fronte all’alternativa secca di «prendere o lasciare l’intero pacchetto».

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