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Prestazioni di welfare «esentasse» anche nei contratti nazionali

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Attualità

Prestazioni di welfare «esentasse» anche nei contratti nazionali

Non concorrono a formare reddito anche le prestazioni e i servizi riconosciuti dal datore di lavoro a livello di contratto nazionale.
Il governo, con la nuova legge di Bilancio, introduce una norma interpretativa che aggiunge un altro tassello per incentivare la diffusione delle prestazioni di welfare contrattuale. La scorsa legge di stabilità, con l’obiettivo di rilanciare la produttività attraverso la diffusione della contrattazione decentrata, aveva già introdotto il regime fiscale agevolato per gli accordi tra imprese e sindacati raggiunti a livello aziendale, su prestazioni che spaziano dalla previdenza, alla sanità, all’istruzione dei figli.

Prima di allora questa possibilità era prevista per le sole misure di welfare aziendale erogate sulla base di un atto volontario e unilaterale del datore di lavoro (in sostanza dalla normativa antecedente la scorsa legge di Stabilità si escludevano dal regime di favore le misure concordate con un accordo collettivo). Con la norma allo studio dei tecnici di palazzo Chigi coordinati dal sottosegretario alla presidenza del consiglio, Tommaso Nannicini, si chiarisce la portata dell’articolo 51 comma 2 lettera F del Testo unico delle imposte sui redditi (Tuir): le prestazioni frutto di accordi collettivi di welfare contrattuale, stabilite anche in ambito di contratto collettivo nazionale (o in conformità a disposizioni di accordo interconfederale o di contratto collettivo territoriale) non concorreranno più alla formazione del reddito da lavoro dipendente, sia nel pubblico che nel privato. La natura “contrattuale” dei servizi di welfare aziendale, quindi, non fa venire meno il regime fiscale di favore a tutti i livelli di contrattazione. Altra novità contenuta nella bozza di disposizione destinata ad entrare nella legge di bilancio, è che non sono considerati imponibili i contributi o i premi versati dal datore di lavoro per le cosiddette polizze “long term care” e Dread disease”, per le terapie di lungo corso e malattie gravi.

L’allargamento ai contratti nazionali degli incentivi fiscali per le polizze sanitarie si somma alla conferma della detassazione del premio di produttività: l’ipotesi è di alzare l’importo soggetto alla cedolare secca del 10% a 3mila euro, elevabili a 4mila euro in caso di coinvolgimento paritetico dei lavoratori (attualmente i tetti sono, rispettivamente, di 2mila e di 2.500 euro). E’ destinata ad allargarsi anche la platea di beneficiari, considerando che il limite di reddito salirebbe a 80mila euro dagli attuali 50mila euro, coinvolgendo quindi anche quadri e dirigenza non apicale.

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