È la prima volta che Sergio Mattarella parla di referendum. Finora si era tenuto lontano, in coerenza con il ruolo che sin dall’inizio ha ritenuto di dover interpretare: quello di arbitro. Ed è in questa chiave che richiama i giocatori del “sì” e del “no” al rispetto reciproco in un momento in cui il livello di scontro ha sconfinato nella delegittimazione reciproca. Dopo settimane di duelli, il capo dello Stato ha deciso di dire la sua prospettando i rischi del «giorno dopo» quando a tutte le parti politiche toccherà accettare la volontà popolare e garantire la tenuta del sistema istituzionale. «È necessario, nell’avvicinarsi al giorno del referendum e sarà necessario, dopo il suo risultato, il contributo di tutti, sereno e vicendevolmente rispettoso. Rispettando anzitutto l’esercizio del voto degli elettori e il loro libero convincimento».
A chi parlava ieri Mattarella? Aveva in mente un interlocutore in particolare? Qualcuno tra i politici ha letto un richiamo a Renzi ma non è Palazzo Chigi l’obiettivo. È piuttosto un tentativo di spegnere gli incendi quotidiani che vengono alimentati su entrambi i fronti, in una gara ad accusare l’altro. Anche ieri Massimo D’Alema è arrivato a parlare di clima «intimidatorio» proprio poco prima del discorso del capo dello Stato che invece ha l’ambizione opposta: allontanare il clima da rissa e da «giorno del giudizio». Anche la platea in cui arriva il richiamo è stata scelta con cura dal Quirinale. A Bari, ieri, ha incontrato i sindaci riuniti all’assemblea dell’Anci e tutto il suo discorso ha seguito il filo della coesione, del senso di “comunità” che questo scontro referendario sta compromettendo.
«Tutte le istituzioni sono chiamate ad aver cura della Repubblica, coltivando gli spazi del libero confronto e della competizione ma avendo sempre a mente il bene comune. Questo obiettivo va preservato in occasione del prossimo referendum. Interesse comune è la Costituzione stessa, come sarà sancita dalla volontà del popolo sovrano. Ognuno dirà la sua sulla riforma e si batterà per ciò che riterrà opportuno, in un confronto tanto più efficace quanto più composto». Ecco, è la compostezza l’ingrediente assente da questa campagna referendaria, essenziale non solo per una questione di fair play istituzionale ma per non ritrovarsi, il giorno dopo, tra le macerie. E il giorno dopo è quello che dovrà gestire dal Quirinale. Così come dovranno fare i sindaci. «Chiederete che l’esito del voto – qualunque esso sia – confermi il valore del sistema delle autonomie».
A loro ha parlato non solo di referendum ma di immigrazione, di legge di stabilità, di rapporto con l’Europa. «I Comuni sono la prima frontiera della solidarietà, anche sui temi dei migranti: 2.200 sono quelli coinvolti. Ma occorre allargare la base di quelli interessati, per consentire una ripartizione più equa e tutelare le comunità più piccole». Richiama anche l’Europa a «non evadere dalle responsabilità di solidarietà politica» e, nel momento di preparazione della legge di stabilità, mentre continua un duro confronto con Bruxelles, Mattarella dà la sua lettura dei vincoli. «Dobbiamo necessariamente misurarci con questi ma affrontandoli con realismo e con l’ambizione di governarli». E qui arriva alla legge di stabilità: «Non è mio compito entrare nel merito ma condivido l’impegno che si giunga presto a un quadro di certezze finanziarie e a una semplificazione amministrativa». Infine il pensiero per Amatrice, Accumoli, Arquata del Tronto. «Non li lasceremo soli».
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