Dopo il minimo all’asta di ieri del rendimento del BoT (Buono ordinario del Tesoro), la curva dei tassi italiani (ma anche quella dell’area euro) si sta “irripidendo”. Cosa vuol dire? Significa che mentre i rendimenti dei titoli con durata breve resteranno (probabilmente) in parte negativi — e in parte di poco superiori allo zero —, gli stessi rendimenti delle emissioni con durata medio-lunga tenderanno (probabilmente) ad aumentare pian piano.
Tutto ciò è dovuto (probabilmente) a un mix di fattori: a causa dei rendimenti dei tassi a lunga scadenza scesi eccessivamente, a un possibile effetto contagio dal futuro aumento dei tassi di interesse degli Usa oppure, come si mormora, perché la politica di sostegno della Bce (Banca centrale europea) con l’acquisto di bond nel suo Quantitative esasing (Qe) potrebbe terminare a marzo 2017. In assenza dell’aiuto di Francoforte, i prezzi di mercato potrebbero scivolare, spingendo appunto piano piano verso l’alto i rendimenti di questi strumenti finanziari. Sul banco degli “imputati”, come sempre avviene in questi casi, è il BTp decennale, l’emissione su cui si concentra il maggior numero di scambi ma anche il titolo che segna il futuro andamento dei tassi di interesse.
Cosa deve dunque fare chi ha in portafoglio strumenti a cedola fissa, con una presenza non trascurabile di BTp? «Sono due le strade — spiega Angelo Drusiani di Albertini Syz —. Se l’investimento è in funzione dell’incasso di cedole interessanti (come sono quelle di vecchia data), non sembrerebbe opportuno cedere sul mercato i BTp, perché il loro contributo finanziario continuerà ad assumere una importanza cui è difficile rinunciare. Se però si è ingolositi dalle elevate quotazioni — continua Drusiani —, meglio uscire dall’investimento stesso per poi rientrare tra qualche mese quando, presumibilmente, i prezzi di mercato saranno scesi a livelli che proporranno un rendimento maggiore rispetto a quello odierno».
Due figure diverse di investitori che operano nel mercato secondario e che danno vita a differenti strategie. E chi dispone di liquidità e decidesse di investirla? «L’attuale rendimento offerto dai BTp — sostiene Matteo Trotta di Consultique di Verona — potrebbe rappresentare una buona occasione da cogliere, assegnando un peso non eccessivo perché bisogna sempre ben ponderare il rischio tasso di interesse che i titoli a lunga scadenza portano con sé e i recenti movimenti lo hanno dimostrato appieno. Va da sé che per chi li avesse già in portafoglio, questi titoli possono essere mantenuti. L’ipotesi vendita — continua l’analista — potrebbe essere presa in considerazione nel caso in cui i titoli di Stato siano stati acquistati da molto tempo e sui quali siano maturate importanti plusvalenze: infatti, nonostante la recente flessione, le quotazioni si attestano su valori abbastanza elevati».
È dunque giustificato l’allarme degli investitori per questa brusca inversione dei prezzi (e quindi rialzo dei rendimenti) dopo la pausa estiva? «Guardando in maniera combinata i tassi italiani, tedeschi e spagnoli — spiega Giampaolo Galiazzo della società di consulenza indipendente Tiche di Treviso — scopriamo che il rialzo dei rendimenti dei decennali italiani è forse più imputabile alle incertezze sulla soluzione dei problemi bancari (e di quanto peseranno sui bilanci pubblici), sia alla potenziale instabilità futura a seguito di un esito referendario che possa peggiorare il quadro della stabilità politica del nostro Paese.
Chi ha acquistato i BTp negli ultimi sei mesi non ha per il momento motivo di preoccuparsi, a meno che lo scenario politico non cambi significativamente per l’impatto combinato delle crisi bancarie e per l’esito referendario. Anzi, potrebbe considerare la presente una occasione di acquisto se la valutazione sulla situazione del Paese si mantenesse positiva».
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