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Ulrich Grillo: «Più investimenti pubblici nelle tecnologie…

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vertice tra imprese italiane e tedesche

Ulrich Grillo: «Più investimenti pubblici nelle tecnologie digitali»

(Reuters)
(Reuters)

Una crescita economica sostenibile può essere ottenuta attraverso gli investimenti, che sono l’elemento qualificante di una politica per l’offerta. Gli investimenti pubblici in innovazione, scuola e infrastrutture sono fondamentali. In un contesto favorevole, gli investimenti privati assumono una forza maggiore e si generano più facilmente. E, così, l’intero sistema economico ottiene buoni risultati e valide performance, che rendono l’intero equilibrio sostenibile». Ulrich Grillo, presidente della Bdi (la Bundesverband der Deutschen Industrie), è reduce da due giorni di lavori a Bolzano che hanno portato alla stesura del “Patto per la competitività” di Bdi e Confindustria.

Un documento sollecitato, al summit di Maranello di fine agosto, dai due capi di Governo di Italia e Germania, il Presidente del Consiglio Matteo Renzi e la Cancelliera Angela Merkel.

Presidente Grillo, il vostro documento, che non a caso si intitola “Rivitalizzare la crescita economica e la coesione sociale in Europa”, ha una impostazione costruttiva e ottimistica. Lei e il Presidente Vincenzo Boccia lo recapiterete a Merkel e a Renzi. Sarete effettivamente ascoltati dai rispettivi Governi nazionali? E qual è, in questo patto, la cosa a cui tiene di più?
Auspichiamo senz’altro di essere ascoltati. È la sesta volta che, come Bdi e Confindustria, ci incontriamo. Ma, in questo caso, il valore del nostro confronto è stato speciale, dato che abbiamo ricevuto l’impulso da parte dei Governi a elaborare un progetto sul da farsi. Nel nostro documento, l’elemento a cui tengo di più è rappresentato dalla necessità di elaborare una politica industriale europea comune. In questo, l’Italia e la Germania possono davvero essere i propulsori di una policy europea unica e uniforme, profonda e pervasiva.

Una politica industriale europea comune, che faccia il paio con la crescente integrazione fra i sistemi industriali nazionali.
Sì, è così. La Germania e l’Italia, in particolare il Nord Italia, sono già molto integrate. L’integrazione della catena del valore europea, che include anche un Paese essenziale come la Francia, è assai stretta. Bisogna perseguire una politica industriale comune che renda ancora più solidi e concatenati i sistemi economici e industriali prima di tutto di questi tre Paesi e, e poi, dell’intera Unione europea. Basti pensare agli effetti positivi che potrebbero avere sul tessuto produttivo europeo un mercato unico dell’energia e un mercato unico del digitale. Dobbiamo andare in quella direzione. L’orizzonte è quello. Con una unica politica industriale, si potrà dimostrare che l’Unione europea è la soluzione, non il problema.

Il compito affidatovi dai rispettivi Governi e l’esito di questa due giorni di Bolzano dimostrano quanto l’industria resti centrale nella identità europea.
L’industria è un valore positivo. Dobbiamo fare più pubblicità all’industria. In Germania e in Italia c’è ancora una diffidenza verso il mondo delle fabbriche. Bisogna opporsi alla cultura anti-industriale. È importante compiere una operazione culturale e di immagine che mostri a tutti quanto sia fondamentale l’impresa. Soprattutto in due Paesi come i nostri in cui la manifattura è centrale. Una industria forte garantisce occupazione e promuove il benessere di tutta la società. Oggi l’industria vale il 23% del Pil tedesco. Mi pare condivisibile l’obiettivo di portare al 20% la quota di valore aggiunto industriale sul Pil di tutta l’Unione europea.

In un contesto tanto complesso, come è possibile conciliare crescita e rigore fiscale, sviluppo e austerità?
L’austerità e risanamento dei conti pubblici sono questioni difficili e dolorose. Bisogna però ricordare che si possono contrarre debiti, ma solo limitatamente. Lo sanno bene le famiglie e le imprese. Il risparmio e il bilancio in pareggio sono necessari per una crescita sostenibile sul lungo termine. Se io ho una risorsa limitata e voglio generare crescita, allora devo ridurre la spesa e aumentare gli investimenti. Il che non vuol dire tagliare il bilancio, ma solo spostare risorse all’interno del perimetro dato.

Quindici anni fa, in Germania avete elaborato una politica dal lato dell’offerta cambiando radicalmente l’organizzazione delle imprese. Il vostro esempio può essere seguito da altri?
Nel 2004-2005, eravamo i malati d’Europa. Il principio della cogestione ha funzionato. Abbiamo ristrutturato e rilanciato le imprese anche con la moderazione salariale. Oggi le retribuzioni sono tornate a crescere. Ma, allora, la moderazione salariale è stata utile per agire sul versante della competitività, con una politica dei fattori efficace. Il principio della cogestione potrebbe essere utile anche in Italia e in Francia.

Con Industry 4.0, la Germania propone un nuovo modello di sviluppo. Come valuta i risultati italiani nei campi principali dell'Industry 4.0?
Oggi la Germania è leader nell’Industry 4.0. L’Italia, in particolare il suo Nord, può diventarlo. La digitalizzazione è una sfida e una enorme opportunità per noi, per voi e per tutta l’Europa. Secondo una nostra stima, il solo mercato unico del digitale è in grado di dare una spinta all’economia europea pari a 1.250 miliardi di euro. La digitalizzazione delle fabbriche e dei processi produttivi è una tendenza che può cambiare tutto. E, non a caso, Industry 4.0 è uno dei temi salienti nel documento sottoscritto da Bdi e Confidustria che verrà consegnato alla Cancelliera Merkel e al Presidente del Consiglio Renzi. Siamo due grandi Paesi industriali. Che possono, grazie a questa identità e grazie all’orizzonte europeo, avere ancora un ruolo importante. Da qui partiamo. Là vogliamo andare

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