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Caporalato, approvate le nuove norme. Punito anche il datore di lavoro

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via libera definitivo alla camera

Caporalato, approvate le nuove norme. Punito anche il datore di lavoro

In extremis, a pochi giorni dall'inizio della Sessione di Bilancio che “congela” l'esame degli altri disegni di legge, la Camera ha dato il via libera definitivo ai 12 articoli del ddl per il contrasto del caporalato. Approvato in prima lettura del Senato ai primi di agosto il provvedimento introduce il carcere non solo per il “caporale”, il mediatore illegale che mette in contatto braccianti e aziende agricole, ma anche per il datore di lavoro e le imprese che sfruttano il lavoratore: fino a sei anni di reclusione (che possono arrivare fino ad otto se c'è violenza o minaccia) per chi commette il reato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro.

Multe fino a 2mila euro se reclutamento avviene con minacce
Oltre al carcere, le nuove norme - volute dei ministeri Agricoltura, Giustizia, Lavoro, Economia e Interno e approvate dall'Aula con 346 sì e nessun contrario, astenuti i deputati di Forza Italia Lega - prevedono multe da 500 a 1.000 euro per ciascun lavoratore reclutato, che possono arrivare fino a 2mila euro per ogni lavoratore se il reato è accompagnato dall'aggravante della minaccia o violenza. In caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti diventa obbligatoria la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato o che siano il prezzo, il prodotto o il profitto del reato stesso. Confisca obbligatoria anche del denaro, dei beni e delle altre utilità di cui il condannato non possa giustificare la provenienza.

Controllo giudiziario delle aziende se occupazione a rischio
Una delle novità più rilevanti riguarda la possibilità, nel corso del procedimento penale, di disporre il controllo giudiziario dell'azienda agricola coinvolta, misura che può sostituire il sequestro preventivo quando l'interruzione dell'attività possa compromettere i livelli occupazionali e diminuire il valore economico dell'impresa. In questo caso gli amministratori nominati dal giudice dovranno occuparsi dei controlli sulle condizioni di lavoro, della regolarizzazione dei lavoratori che prestano la propria opera in nero nonché delle misure per prevenire il ripetersi delle violazioni.

Martina: «Mai più schiavi nei campi».
Soddisfatto della nuova legge il ministro delle Politiche agricole Maurizio Martina, che parla di «risposta netta e unita dello Stato contro il caporalato». «Una legge da sola non basta», ammette il ministro, «ma le direzione che abbiamo tracciato è inequivocabile. Dobbiamo lavorare uniti per non avere mai più schiavi nei campi». Poi twitta: «Missione compiuta. Legge di civiltà #caporalato#agricoltura».

Orlando: «Grande giorno per il lavoro»
Anche il guardasigilli Andrea Orlando, principale sponsor della riforma insieme a Martina, plaude alla «grande giornata per il lavoro, per la tutela dei diritti delle persone piu' deboli». Oggi - sottolinea - si è realizzato un obiettivo che da sempre caratterizza le battaglie della sinistra, quelle per la dignità dei lavoratori e delle persone che sono esposte alle forme più odiose di sfruttamento».

A favore anche i partiti dell’opposizione
Sinistra Italiana e M5S, all’opposizione ma questa volta schierati a favore del ddl, registrano il passo in avanti ma chiedono di non fermarsi qui. «Da oggi i lavoratori sfruttati saranno più tutelati», rileva il capogruppo di SI a Montecitorio, Arturo Scotto, mentre i deputati pentastellati ricordano gli aspetti rimasti fuori dalla riforma, come la stretta su chi assicura i trasporti per raggiungere il luogo di lavoro. «Abbiamo provato a migliorare il provvedimento con delle nostre proposte che sono state tutte bocciate» - spiega il portavoce 5Stelle Massimiliano Bernini durante la dichiarazione finale di voto - ma l’impegno dei grillini contro il caporalato continuerà sia in Parlamento che sul territorio: «Vigileremo sulla reale portata ed efficacia della norma perché il caporalato è un fenomeno strutturale della filiera produttiva di fronte al quale la
politica non può più chiudere gli occhi».

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