«Recuperare metà degli investimenti innovativi persi dall’inizio della crisi»: per Carlo Calenda (foto), ministro dello Sviluppo economico, è il primo obiettivo da raggiungere con il piano Industria 4.0, parte di una manovra che ha l’obbligo di rimettere in moto la crescita. «Il pacchetto per le imprese è saldo e senza problemi di copertura, non subirà limature» assicura.
Ministro, secondo Renzi il +1% del 2017 potrebbe essere superiore, 1,1 0 1,2. Quali elementi supportano questa previsione sul Pil?
C’è la componente inerziale che riguarda le previsioni sull’andamento dell’economia al netto della manovra, e gli effetti della legge di bilancio. Riteniamo che questi ultimi possano essere molto rilevanti anche per come sono costruite le misure sulla competitività. Gli incentivi di industria 4.0, e in particolare super e iperammortamento che da soli pesano più di 11 miliardi di euro, valgono per gli investimenti iniziati nel 2017 e conclusi entro giugno, o se riusciamo, entro settembre del ’18. L’impatto sulla finanza pubblica si dispiega invece dal 2018 al 2024 seguendo le quote di ammortamento. Un’allocazione direi ottimale delle risorse pubbliche.
Ritiene che sia stato trovato un buon equilibrio tra sviluppo e misure sociali?
Mi sembra un equilibrio buono ma soprattutto necessario. Competitività ed equità devono stare insieme. Senza un equilibrio tra questi due elementi la società e il mondo delle imprese si polarizzano sotto la spinta di globalizzazione e innovazione tecnologica, e il solco tra vincitori e vinti diventa una voragine. Paura del domani, rifiuto del mercato e del libero commercio, propensione alla chiusura, paura dell’altro sono tutte manifestazioni generate da questa spinta senza precedenti. Va governata attraverso istituzioni forti, investimenti pubblici e privati e cura verso chi rimane indietro.
Il dialogo con la Ue è ancora aperto. Per il suo pacchetto non teme ridimensionamenti dell’ultim’ora dovuti alle coperture?
Per il pacchetto competitività non ci sono problemi di copertura, abbiamo avuto più di quanto presentato, con un’ulteriore rafforzamento di 100 milioni del Fondo di garanzia. Nulla è rimasto fuori. E credo che questo sia anche dovuto al lavoro di squadra fatto con Renzi, Nannicini, Padoan, Giannini, Epifani e tutte le parti sociali. Un bel risultato nel merito e nel metodo.
In queste ore però si parla di alcune perplessità della Commissione e di un possibile “cartellino giallo”.
Siamo tranquilli. Potremmo discutere con l’Europa su qualche frazione di numero, ma alla fine la manovra passerà. Ricordo peraltro che il 2,3%, comprendente la clausola migranti e quella terremoto, vorrebbe dire un’ulteriore riduzione rispetto a quest’anno e a quello precedente. Se guardo a ciò che accade altrove in Europa, penso a Francia e Spagna, mi pare ovvio che questa scelta di responsabilità vada riconosciuta e premiata. Si tratta del deficit più basso da prima della crisi.
Fin dove vi spingerete nel confronto con Bruxelles?
Guardi, sarebbe stato molto più semplice e politicamente pagante rompere con l’Europa, andare in procedura di infrazione, e aggiungere punti di Pil di crescita spinti da maggiore deficit. Non lo abbiamo fatto. È stata una scelta seria. Si combatte per cambiare le regole, e noi lo faremo con determinazione il prossimo anno sul fiscal compact, ma rispettando le regole.
Un capitolo centrale è Industria 4.0, che è molto orientato sull’innovazione tecnologica. Può bastare per spingere la ripresa?
Nel triennio parliamo di oltre 20 miliardi di euro. Considerando il taglio dell’Ires arriviamo a superare i 30. Si completa un processo iniziato con i provvedimenti relativi alla componente Irap/costo del lavoro, imbullonati, Jobs act. Il giudizio spetta alle imprese ma credo che se si mettono insieme i provvedimenti presi da questo Governo in meno di tre anni è chiaro che le imprese sono tornate finalmente al centro dell’agenda politica.
Ma le imprese sono davvero preparate a investire nella trasformazione digitale?
È la grande sfida che abbiamo davanti. Stiamo preparando un piano di correttivi che raggiungerà le imprese dal 1° gennaio in modo che siano informate sulle misure che entreranno in vigore. E mi lasci aggiungere che non contano solo le risorse ma anche la natura dei provvedimenti. Industria 4.0 è il primo piano di politica industriale non dirigista di questo paese, così come per il Jobs Act alla base c’è una fiducia profonda nella capacità e nella responsabilità degli imprenditori. In un Paese che ha spesso guardato con sospetto imprese e imprenditori questo è un cambiamento di verso.
Quanto vi attendete in termini di investimenti privati?
Ci attendiamo circa 11 miliardi di investimenti aggiuntivi nel 2017 tra tecnologia e innovazione. Abbiamo perso circa un quinto del totale degli investimenti da prima della crisi. Riteniamo che le misure varate possano farne recuperare quasi metà. Sarebbe una significativa inversione di rotta.
Non crede che un eventuale esito negativo del referendum possa influenzare queste previsioni?
Si tratterebbe di un ulteriore fattore di instabilità in uno scenario instabile e di conseguenza pericoloso. L’esito del referendum è importante per ragioni concrete e per il suo significato simbolico. Le ragioni concrete sono quelle dell’esigenza di una governance più forte in un periodo della storia che si fa più duro e difficile. Realizzare rapidamente un’infrastruttura strategica senza sottostare ai veti delle regioni rappresenta un’esigenza fondamentale già in un periodo normale. E non per nulla ne parliamo da 30 anni. Il valore simbolico sta nell’affrontare la sfida del cambiamento giocando in attacco. Invece di fare un referendum per guardare indietro o restare fermi come è accaduto in UK, in Olanda, in Ungheria l’Italia lo sta facendo su un cambiamento in avanti, per affrontare meglio il futuro. È una battaglia politica che fa onore all’Italia e a cui sono orgoglioso di poter partecipare.
La manovra va verso un iter sprint alla Camera in vista del 4 dicembre?
Lo spero. Approvarla rapidamente mantenendone gli indirizzi sarebbe un bel segnale all’Europa e ai mercati. I saldi sono davvero stringenti quest’anno e margini per grandi cambiamenti non mi paiono esserci.
Nel decreto fiscale ci sono anche misure dello Sviluppo economico?
La parte Fondo di garanzia sarà nel decreto. Con un miliardo di euro a disposizione, che rappresenta un aumento del 30%, riusciremo a garantire 25 miliardi di euro di crediti alle Pmi. Inoltre l’importo massimo garantito per singola impresa potrebbe salire da 2,5 milioni a 3,5 milioni: stiamo verificando la rispondenza alle regole Ue. Il prossimo passo per me è la nuova norma sugli energivori, vedremo se inserirla nel decreto. La dimensione degli sconti più che raddoppierà rispetto alla vecchia norma bocciata dall’Europa, anche per compensare la minor degressività della tariffa, e il risparmio totale per le imprese salirà da 600 milioni a 1,5 miliardi annui. Su un piano generale conto di presentare la nuova Strategia Energetica Nazionale ad aprile prima del prossimo G7 energia. Partirò dall'ottimo lavoro fatto dal Ministro Passera aggiornandone i contenuti.
A che punto è il riordino degli incentivi preannunciato prima dell’estate?
Lo abbiamo completato, come promesso. Stiamo riducendo le misure da 25 a 4 su cui ho già concentrato le risorse che derivano dalla fine degli incentivi a bando. Contratto di ricerca e sviluppo, Contratto di programma, Smart e Start e Legge 181 saranno gli strumenti di base con cui lavoreremo. Entro questa settimana emanerò il decreto per modificare il processo di approvazione dei contratti di sviluppo dimezzandone i tempi.
Avete puntato in modo deciso sulla domanda interna, per sostenere l'export invece sono sufficienti i 100 milioni stanziati?
Con quelli già stanziati arriveremo vicino ai 200 milioni di nuove risorse, rispetto ai 23 milioni di euro che ho trovato quando sono diventato viceministro. Le ritengo sufficienti ma sono pronto a rafforzarle in corso d’anno qualora ve ne sia la necessità. Continueremo il lavoro su Stati Uniti e Canada che ha dato grandi soddisfazioni mentre voglio accelerare su Cina e Asean dove non abbiamo conseguito i risultati sperati. Il Presidente dell’Ice Scannavini ha inoltre disegnato un progetto molto valido di penetrazione sulle piattaforme on line su cui non siamo ancora sufficientemente presenti.
L’effetto-attesa dell’iper ammortamento al 250% frenerà gli investimenti negli ultimi mesi del 2016?
C’è il rischio ma a mio avviso è ampiamente bilanciato dai vantaggi del nuovo strumento e dai maggiori tempi concessi per la realizzazione dell’investimento.
Come faranno le imprese a certificare che il bene rientra nella categoria Industry 4.0? Dovranno pagare dei periti?
Solo oltre il milione di euro di investimento. Sotto basterà la certificazione del venditore. Mi sembra un processo accettabile che garantisce a sufficienza la rapidità ma anche l’effettiva corrispondenza dell’investimento ai criteri fissati. Ricordo che con un ammortamento al 250% praticamente un terzo dell’investimento è coperto da minori tasse.
Il credito d’imposta per la ricerca è stato rafforzato ma resta incrementale. Non si finisce per penalizzare chi ha avuto il coraggio di investire con costanza anche durante la crisi?
Si è vero. Purtroppo i costi sarebbero saliti alle stelle. Ma aver portato la ricerca interna dal 25% al 50% e il credito da 5 milioni a 20, raddoppiando di fatto la misura mi sembra già un buon risultato.
Un doveroso accenno al disegno di legge sulla concorrenza, adottato dal governo nel febbraio 2015 e ancora bloccato. Ora a fermarlo è il referendum?
Mi permetta la battuta: è bloccata perché ancora non è passato il referendum altrimenti, senza bi-cameralismo perfetto, sarebbe legge da settembre scorso. Le traversie di questo provvedimento ci devono spingere a riflettere sulla praticabilità di una legge ordinaria annuale sulla concorrenza. Un confronto che intendo fare con i capigruppo e l’autorità per la concorrenza già nei prossimi giorni.
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