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INTERVISTA

«Con la rendita integrativa il secondo pilastro estende il proprio ruolo nel welfare»

Mario Padula
Mario Padula

Con il “pacchetto pensioni” arriverà una nuova forma di flessibilità per l’utilizzo delle prestazioni pensionistiche complementari rispetto alla maturazione dei requisiti della pensione di base. I lavoratori con i requisiti per accedere all’Ape potranno scegliere una Rendita integrativa temporanea anticipata (Rita) beneficiando di una tassazione agevolata e che oscilla tra il 15 e il 9%. Abbiamo chiesto a Mario Padula, presidente della Covip, la Commissione di vigilanza sui fondi pensione, una prima valutazione.

«Interventi legislativi che aumentino la flessibilità in entrata ed in uscita dal sistema della previdenza integrativa - è la prima risposta di Padula - si collocano nel quadro più ampio di revisione del sistema previdenziale che è stato avviato in Italia a partire dalla prima metà degli anni 90 del secolo scorso. Fatta questa premessa Rita, pur concorrendo al raggiungimento dello stesso obiettivo dell’Ape, ha però un profilo del tutto autonomo perché permette ai beneficiari di prestazioni previdenziali complementari di fruire in modo più flessibile del risparmio che hanno accumulato durante la vita lavorativa. Perciò Rita può contribuire a consolidare e sviluppare la funzione di welfare integrativo che la previdenza complementare può svolgere. Naturalmente, nella fase di implementazione della norma sarà importante attivare tutti gli strumenti necessari per massimizzare la consapevolezza dei potenziali beneficiari della misura».

La sperimentazione è biennale: si stima che potrebbero utilizzare Rita in 15-20mila lavoratori che lasciano l’impiego per avere la rendita in quote mensili al posto di Ape e finanziarsi così il ponte verso la pensione. Le sembra realistica come previsione?

È difficile fare delle previsioni, in attesa di conoscere tutti i dettagli dell’intervento. Per quello che ci compete siamo in condizione di fornire al decisore politico gli elementi informativi, e in particolare i dati amministrativi sui flussi di iscritti che matureranno i requisiti per l’accesso alla prestazione obbligatoria nei prossimi anni, su cui basare delle previsioni.

L’opzione vale solo per iscritti a fondi a contribuzione definita (negoziali, preesistenti e Pip) e si prevede che questa rendita possa essere pagata direttamente dal fondo senza avvalersi di un’assicurazione. Può funzionare?

Sì, nella misura in cui Rita si configurerà come il frazionamento nel tempo di una prestazione previdenziale che già esiste, il riscatto, e che il fondo paga direttamente senza avvalersi di un’assicurazione.

Per i fondi pensione non c’è un rischio di corsa all’anticipo proprio in una fase delicata di ridefinizione dei portafogli e delle strategie di gestione?

Come ha giustamente ricordato, Rita si rivolge agli iscritti a fondi a contribuzione definita perciò la “corsa agli sportelli” non rappresenta un rischio. In regimi di contribuzione definita, il riscatto della posizione previdenziale, sia esso frazionato nel tempo o no, permette semplicemente di accedere alla posizione contributiva maturata al momento della richiesta di riscatto. È utile comunque ribadire che il riscatto è una prestazione già esistente e che Rita semplicemente permette di frazionare nel tempo il riscatto, con condizioni fiscali favorevoli.

L’impressione è che si vada oltre le misure già previste nel Ddl concorrenza, ammesso che venga mai approvato? Ricordiamo cosa prevede quel testo: la possibilità di accedere in via anticipata alla rendita per i disoccupati di lungo corso (almeno 24 mesi); e la facoltà di destinare anche solo una parte del Tfr alla previdenza complementare sulla base di intese collettive.

Il Ddl concorrenza in discussione ora al Senato (non calendarizzato per il periodo che intercorre dal 12 ottobre al 3 novembre) già prevede delle misure che favoriscono la flessibilità in entrata ed in uscita. Da un lato si interviene ammettendo la possibilità di stabilire la percentuale minima del Tfr maturando da destinare a previdenza complementare; dall’altro allentando i vincoli che devono essere soddisfatti per accedere alle prestazioni pensionistiche complementari prima della maturazione dei requisiti per l’accesso alle prestazioni del regime obbligatorio. Rispetto a queste misure, Rita, che con queste dovrà eventualmente coordinarsi, compie un importante passo in avanti, configurandosi come un vero e proprio riscatto frazionato nel tempo il cui trattamento fiscale sembrerebbe del tutto allineato con quello dei riscatti di cui ai commi 2 e 3 dell’articolo 14 del D.lgs. 252/2005. In pratica, per molti lavoratori per i quali venissero meno i requisiti di partecipazione a causa di cessazione del rapporto di lavoro, Rita avrebbe un impatto fiscale positivo, tanto più forte quanto più lungo è il periodo di contribuzione.

Con l’avvio di Rita potrebbero ripartire le adesioni ai fondi?

È possibile, la natura “sperimentale” della misura ci aiuterà a capirlo. Lo studio della dinamica delle adesioni, come di quella delle contribuzioni, di cui si parla molto meno, è comunque all’attenzione della Commissione. La decisione di integrare il risparmio previdenziale obbligatorio con forme di risparmio complementare dipende da un ampio insieme di ragioni. Alcune di queste sono riconducibili all’assetto complessivo delle regole di accesso alle prestazioni pensionistiche su cui pure la Rita interviene. Ma molto dipende dal ruolo del risparmio obbligatorio e dalla consapevolezza che di esso hanno lavoratrici e lavoratori, consapevolezza che la “Busta Arancione” dell’Inps contribuisce ad aumentare insieme con interventi mirati alla promozione della cultura finanziaria e previdenziale; dall’efficacia degli incentivi e disincentivi fiscali alla adesione ed alla contribuzione; dalla capacità delle forme pensionistiche di “stare sul mercato”.

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