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Spese fuori Patto, vale 5 miliardi la distanza tra Roma e Bruxelles

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lo scenario

Spese fuori Patto, vale 5 miliardi la distanza tra Roma e Bruxelles

Vale 5 miliardi di euro la distanza che separa Roma e Bruxelles sui numeri del programma di bilancio inviato mercoledì mattina alla commissione europea. Le obiezioni Ue si concentrano sul saldo strutturale, cioè sul saldo di bilancio al netto di una tantum ed effetti del ciclo economico, che senza le esclusioni dal Patto chieste dall’Italia peggiorerebbe rispetto al -1,2% di quest’anno attestandosi nel 2017 a -1,6 per cento. Questi quattro decimali di Pil assumono un aspetto più concreto se tradotti nei quasi 7 miliardi del loro valore, ma la partita vera sull’allargamento delle maglie contabili europee si gioca solo su una fetta di questi fondi.

Per capirlo bisogna guardare le due voci di spesa che catalizzano la battaglia interpretativa sulle regole ingaggiata dal documento italiano. La prima è rappresentata dal fenomeno migranti la cui gestione, secondo le previsioni scritte dal governo, costerà il prossimo anno 3,8 miliardi. Rispetto ai 3,3 miliardi spesi quest’anno, si tratta di un aumento da 500 milioni, e in base a una lettura rigida delle norme Ue solo questa somma andrebbe sottratta al deficit strutturale. A giustificare l’esclusione dal Patto sono infatti le “circostanze eccezionali”, è il presupposto, e per essere “eccezionali” non si possono verificare tutti gli anni. Quella dei migranti, però, più che un’emergenza temporanea è ormai un fenomeno storico, e su questa base l’Italia, in prima fila nel soccorso e nella prima accoglienza, chiede di scontare dai vincoli tutte le spese aggiuntive rispetto a una situazione ordinaria: 2,8 miliardi, secondo i calcoli di Roma, cioè 2,3 miliardi in più rispetto a quelli sui quali la Ue già concorda.

L’altra spesa “eccezionale” è quella prodotta dal terremoto, e qui le divergenze fra l’Italia e la Ue sono geografiche e non cronologiche. Secondo la tabella con i singoli ambiti di intervento, la ricostruzione e gli aiuti nelle aree terremotate valgono poco meno di 600 milioni, cioè lo 0,035% del Pil, ma l’Italia chiede di liberare tutti i fondi necessari al piano nazionale di riqualificazione antisismica reso “indifferibile” dai tre terremoti che hanno colpito il Paese negli ultimi sette anni: si tratta di 3,4 miliardi, due decimali di Pil, quindi 2,8 miliardi in più rispetto al dato più commestibile per la Ue.

Intanto i tecnici del Governo continuano a lavorare per apportare le ultime limature ai testi del disegno di legge di Bilancio e del decreto fiscale. Secondo la tabella fissata dalla nuova riforma del Bilancio, la manovra sarebbe dovuta arrivare oggi alla Camera. Ma con il trascorrere delle ore prende sempre più corpo l’ipotesi di un approdo a Montecitorio dei due provvedimenti non prima di domani o, più probabilmente lunedì. L’obiettivo della Camera resta di dare il primo via libera entro il 27 ottobre.

La navigazione parlamentare della manovra si annuncia non del tutto tranquilla. Nonostante gli articolati non siano stati ancora ufficialmente messi nero su bianco, già cominciano a prendere forma alcune possibili modifiche, soprattutto su due capitoli: quello anti-evasione e il pacchetto pensioni. Lo stesso presidente della commissione Bilancio, Francesco Boccia (Pd), oltre a rilanciare il tema della web-tax, si è detto favorevole a ritoccare la voluntary disclosure bis per la parte relativa al contante. «Se fanno» la norma «così come annunciata inevitabilmente il Parlamento la cambia», ha affermato Boccia proponendo «un tetto umano a 20-30mila euro».

Anche quello della rottamazione delle cartelle e dello stop a Equitalia si annuncia come uno dei temi caldi. Su questo fronte la partita dei correttivi si dovrebbe giocare non solo sugli effetti fiscali dell’intervento ma anche sul processo di riorganizzazione dell’Agenzia delle Entrate nell’assorbire Equitalia e sul nuovo status dei dipendenti coinvolti dall’operazione. Sulle pensioni, il tema caldo è quello dell’asticella di contribuzione per l’Ape social (quella a costo zero) a 30 e 36 anni rispettivamente per i lavoratori disoccupati o disabili e per quelle appartenenti a categorie che svolgono mansioni “gravose”. I sindacati vorrebbero che il tetto di contribuzione fosse più basso. Nei giorni scorsi Cesare Damiano, (Pd) aveva lasciato intendere di essere sulla stessa lunghezza d’onda così come altri esponenti del Pd. Ap da parte sua cercherà di irrobustire il pacchetto famiglia al quale al momento sono stati destinati 600 milioni.

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