CAPRI
Si rivolge direttamente ai tre leader sindacali di Cgil, Cisl e Uil con una proposta: «Siamo pronti ad un patto sulla questione industriale tra gli attori della fabbrica». Un patto «per la crescita, per l’industria, per combattere le disuguaglianze», consapevoli che «dobbiamo essere attori del cambiamento a partire dalle nostre fabbriche». Per Vincenzo Boccia è la questione industriale la chiave di volta per far ripartire il paese, il tema da rimettere al centro della politica economica.
Ed è con questa convinzione che ieri ha lanciato la sfida: «Diventare uno dei più grandi paesi industriali del mondo. Ce la faremo, facendo i conti con i vincoli di bilancio, ma pensando alla grande, perché in questo paese dobbiamo ricominciare a pensare alla grande». Boccia ha concluso così il suo intervento, nell’ultima giornata del convegno dei Giovani di Capri, tra gli applausi convinti della platea. I ministri che hanno parlato dal palco, tra venerdì e ieri, hanno confermato la volontà del governo di andare avanti con le riforme e sottolineato i contenuti della legge di bilancio. «È un primo passo importante, ci sembra che vada nella direzione auspicata», ha detto Boccia riferendosi alla manovra, «ora dobbiamo continuare a costruire un paese diverso e cambiare l’Italia in chiave moderna». Bisogna passare «dal resistere al reagire, superare quell’ansietà che nel Sud diventa rassegnazione. Dobbiamo cambiare a partire da noi, senza traumi ma facendo i conti con le nostre potenzialità».
È un richiamo a quell’«orgoglio e coraggio» e alla necessità di «progetti ambiziosi» che è stato il messaggio del presidente dei Giovani, Marco Gay in questi due giorni di convegno. «Ci lega un modo di essere», ha detto Boccia riferendosi a Gay, senza nascondere un momento di commozione, e ai Giovani, ricordando che proprio in un convegno di Capri di tanti anni fa, con Luigi Abete presidente, decise di iscri versi a Confindustria.
Il sindacato è un interlocutore importante: «Le relazioni industriali sono un fattore di competitività del paese. Continuiamo sulla strada di un confronto leale, sapendo che delegittimare l’altro vuol dire delegittimare se stesso. Da soli possiamo fare tanto, ma da soli non ce la faremo. Vale per tutti: governo, imprese, sindacati».
Con il numero uno della Cgil, Susanna Camusso, ha detto il presidente di Confindustria, c’è condivisione sul problema delle disuguaglianze: «Ma si risolvono partendo dalla crescita», con il numero uno della Cisl, Annamaria Furlan, «condividiamo l’idea che il ruolo dei corpi intermedi si conquista», con il segretario generale della Uil, Carmelo Barbagallo, c’è l’idea comune di «un patto per la crescita». Boccia è andato anche oltre: allargare il dialogo sulla questione industriale italiana ed europea coinvolgendo l’altro grande paese manifatturiero d’Europa, la Germania, imprenditori ma anche i sindacati tedeschi. Un passo successivo rispetto al documento firmato insieme la settimana scorsa da Confindustria e Bdi (l’organizzazione tedesca), un’agenda per la competitività in 12 punti: «abbiamo voluto dare due messaggi, l’importanza della questione industriale e il fatto che la sfida è tra la Ue e il resto del mondo».
Sulla produttività «si gioca la competitività del paese», ha detto il presidente di Confindustria. «Abbiamo chiesto al governo di non intervenire sul modello contrattuale ma sulla politica fiscale», in modo da «favorire lo scambio salari-produttività». Va realizzato quel «circolo virtuoso dell’economia» che prevede più produttività, più investimenti, più salari, più occupazione, più domanda. Mettendo al centro un’industria ad alto valore aggiunto, alta produttività, alta intensità di investimenti.
È quella politica dell’offerta e dei fattori su cui insiste Boccia per far crescere il paese. Con la legge di bilancio il governo ha imboccato questa strada: «Per la prima volta nella storia del paese si interviene sui fattori di competitività, senza ragionare di scambi, intervenendo sui nodi di sviluppo». Ci sono strumenti selettivi, ha detto Boccia, con risorse non rilevanti, visto il debito pubblico che abbiamo. Ma mancano alcune cose: per esempio «manca la partita sui tempi della giustizia e semplificazione, che magari si possono affrontare subito dopo la legge di bilancio».
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