Dalla cedolare secca anche sulle locazioni commerciali per i negozi di vicinato all’esenzione fiscale sui canoni di locazione abitativa non percepiti. Vorrebbe dire togliere 700 milioni di prelievo fiscale da un settore che “versa” al fisco 50,8 miliardi l’anno; di fatto la sola tassazione patrimoniale vale il 150% in più (nonostante l’eliminazione dell’Imu sulla prima casa) rispetto a quel che accadeva nel 2011 quando sulla casa pesava l’Ici.
La proposta è stata presentata da Confedilizia, che mette in campo idee concrete per dare una boccata di ossigeno al settore immobiliare, ad un tempo pesantemente toccato dalla crisi e sempre più gravato dal fisco.
Nel 2016, il gettito dei tributi provenienti dal comparto immobiliare è stato stimato dalla Confedilizia in 50,8 miliardi di cui: 9,2 di tributi reddituali (Irpef, Ires, cedolare secca); 22 di tributi patrimoniali (Imu, Tasi); 9 di tributi indiretti sui trasferimenti (Iva, imposta di registro, imposta di bollo, imposte ipotecarie e catastali, imposta sulle successioni e donazioni); un miliardo di tributi indiretti sulle locazioni (imposta di registro, imposta di bollo); 9,6 di altri tributi (Tari, tributo provinciale per l’ambiente, contributi ai consorzi di bonifica).
«Il settore immobiliare – spiega il presidente di Confedilizia, Giorgio Spaziani Testa – è gravato da un macigno fiscale, soprattutto di tipo patrimoniale, che colpisce tutte le tipologie di immobili: quelli locati (abitazioni, negozi, uffici, sia che gli inquilini paghino sia che siano morosi), quelli che non si riescono neppure ad affittare, le case di villeggiatura, quelle ereditate e lasciate deperire per mancanza di risorse. Si tratta di un macigno che continua a impoverire le famiglie, comprimendo i consumi».
Gli interventi proposti da Confedilizia, se messi in atto, avrebbero un costo per l’Erario di circa 700 milioni di euro (poco più dell’1% del gettito totale dei tributi gravanti sugli immobili).
Le misure proposte vanno dall’introduzione di una cedolare secca per le locazioni commerciali (con sperimentazione per nuove attività aperte in locali sfitti o per i “negozi di vicinato”) all’equiparazione del trattamento fiscale dei canoni di locazione abitativi e non abitativi non percepiti, dalla previsione di un limite del 4 per mille alla somma delle aliquote Imu -Tasi per i contratti di locazione a canone calmierato (“concordati” e per studenti universitari); alla proroga per un quadriennio della cedolare secca al 10% per i contratti di locazione a canone calmierato. Infine, ripristino della deduzione Irpef del 15% per i redditi da locazione e soppressione dell’Irpef sugli immobili non locati.
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