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La risposta alla Ue: «Deficit in linea»

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La risposta alla Ue: «Deficit in linea»

L'arrivo al porto di Reggio Calabria della nave “Bourbon Argos”. (Ipp)
L'arrivo al porto di Reggio Calabria della nave “Bourbon Argos”. (Ipp)

Se si tolgono dai calcoli del Patto di stabilità le «spese eccezionali» prodotte dal fenomeno migranti e dal piano di sicurezza anti-sismica, tornato purtroppo di strettissima attualità dopo le forti scosse di terremoto di ieri sera fra Marche e Umbria, il deficit messo in programma dall’Italia per l’anno prossimo si ferma all’1,9% del Pil, cioè mezzo punto sotto il dato di quest’anno: una correzione in linea con le richieste europee, tenendo conto anche di un’inflazione e una crescita più basse del previsto, che si tradurrebbe in un -1,2% nel saldo strutturale (quello al netto delle una tantum e degli effetti del ciclo economico).

Ruota intorno a questo ragionamento la lettera che il governo sta preparando in risposta alle richieste di chiarimenti sul progetto di bilancio italiano arrivate martedì scorso da Bruxelles. Sul testo hanno lavorato per tutta la giornata di ieri i tecnici del ministero dell’Economia e la lettera, dopo le ultime limature e la valutazione politica di Pier Carlo Padoan e Matteo Renzi, dovrebbe partire nel pomeriggio di oggi, mentre venerdì a Bratislava è in calendario un incontro fra Padoan e il commissario Ue agli Affari economici Pierre Moscovici.

Quella italiana sarà una risposta basata sui numeri, per motivare una manovra che non è destinata a cambiare perché, ha ribadito ancora ieri il presidente del Consiglio, «è perfettamente legittima e regolare, si basa sulle regole europee. Noi non chiediamo concessioni». Dal punto di vista di Palazzo Chigi, dunque, la manovra non cambia. Peraltro i collaboratori del premier sono convinti che alla fine non ci sarà alcuna bocciatura da parte di Bruxelles e che ora ognuno deve in qualche modo “recitare” la sua parte. Da parte sua Renzi, anche con un occhio al vicino referendum costituzionale del 4 dicembre quando conteranno molto i voti del centrodestra, ha buon gioco a mostrare ancora una volta i muscoli tornando a minacciare il veto sul bilancio dell’Unione nel 2017 se l’Italia verrà lasciata sola sul fronte dei migranti. In un braccio di ferro con Bruxelles che preoccupa il Capo dello Stato Sergio Mattarella, che ieri ha richiamato alla necessità di «critiche costruttive» nei confronti dell’Europa (si veda l’articolo in pagina). «Chiederò al Parlamento italiano di essere autorizzato a dare questa linea - spiega Renzi -: se non tutti fanno la propria parte noi metteremo il veto sul futuro bilancio dell’Ue. Ogni anno l’Italia dà 20 miliardi all’Ue e ne riceve 12, è un elemento di squilibrio che per quelli che mi riguarda è giusto se tutti fanno la loro parte».

Lo scambio epistolare con la commissione Ue continuerà a concentrarsi sui confini delle «spese eccezionali» che secondo Roma vanno escluse dal Patto e di conseguenza dai calcoli sul nuovo indebitamento e sul deficit strutturale. Sono due le cifre chiave che saranno al centro della replica a Bruxelles: 2,3 miliardi di spesa eccezionale per la gestione dei migranti e 2,8 per il piano nazionale di sicurezza antisismica, su cui il governo sta lavorando in vista di un nuovo decreto che dovrebbe avviare i progetti di Casa Italia con anche il contributo delle risorse comunali. Si tratta, in pratica, delle spese aggiuntive a quelle che l’Unione europea già è disposta a considerare “eccezionali”, e che in una lettura rigida delle norme comunitarie si limitano a poco più di 1,1 miliardi: 500 milioni per i migranti, cioè la distanza fra i 3,8 miliardi programmati per il 2017 e i 3,3 spesi quest’anno, e 600 milioni per il terremoto di Amatrice, Accumoli e Arquata del Tronto.

Con l’esclusione piena di tutte le spese considerate «eccezionali» perché non si verificherebbero senza le due emergenze di sisma e migranti, nella lettura di Roma il deficit complessivo della Pa scenderebbe appunto all’1,9%, e il saldo strutturale sarebbe al -1,2%, pari all’anno scorso. Per capire perché anche quest’ultimo numero, pur non migliorando il dato 2016, sarebbe in linea con le regole Ue serve un ultimo passaggio: il target di -0,6% indicato nella lettera di Bruxelles è quello ordinario ma l’output gap, cioè la distanza fra la crescita potenziale e quella reale, sposterebbe di un decimale l’obiettivo, portandolo al -0,7% perché quando crescita e inflazione sono più basse del previsto anche i vincoli europei si ammorbidiscono. In quest’ottica, il -1,2% programmato dall’Italia si fermerebbe mezzo punto sotto l’obiettivo, dunque all’interno di quell’intervallo che etichetta come non decisivo lo scostamento. Questioni di decimali, su cui dopo i tecnici si eserciterà la politica.

Ieri intanto il ministero dell’Economia ha fatto sapere che le clausole di salvaguardia sulla voluntary comparse nelle prime bozze del Ddl Bilancio non corrisponderanno alla versione definitiva che sarà inviata alla Camera presumibilmente tra venerdì e sabato.

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