Italia

Quegli studenti stranieri «prigionieri» del sisma

  • Abbonati
  • Accedi
(none)

Quegli studenti stranieri «prigionieri» del sisma

  • –Mariano Maugeri

«I prigionieri del terremoto», come si autodefiniscono, parlano un italiano fluente con un marcato accento spagnolo o portoghese. Sono un gruppo di studenti argentini, uruguayano, cileni, messicani e brasiliani di tutte le età capitati a Camerino - antichissimo ateneo fondato in età medievale - per seguire i corsi di italiano dell’Istituto Dante Alighieri.

Ogni mese ne arrivano almeno 130 di una trentina di nazionalità diverse: c’è chi frequente il corso di 15 giorni, chi quello di un mese. Molti di loro allungano la permanenza in Italia per visitare Roma, Firenze, Venezia e Napoli. Agli studenti di ottobre la vacanza-studio è andata storta. Da due giorni dormono nelle brandine messe in fila più o meno disordinatamente nel deposito dei pullman della Contram, la società regionale dei trasporti su gomma. Camerino è una città-campus con 9mila studenti e altrettanti studenti, arroccata su un colle che domina i Monti Sibillini.

Da mercoledì sera il centro storico è un cimitero di calcinacci e un’infilata di case crepate, molte delle quali inagibili. Adriana e Silvia, due signore cinquantenni della provincia di Buenos Aires, avevano pagato 900 euro per partecipare ai corsi della Dante Alighieri e godersi le bellezze di Marche e Umbria. A 48 ore dal sisma, dopo aver dormito in un garage con un solo lavandino a disposizione, potrebbero essere tutt’altro che sorridenti. Invece si prodigano in complimenti per l’assistenza della Croce Rossa, dei volontari e della segretaria dell’Istituto Alighieri, Luciana, una ragazza rumena che da due giorni dorme con loro. Bagagli e passaporti sono rimasti nelle case che hanno abbandonato precipitosamente dopo la prima scossa delle 19.10. «Andremo a recuperarli nel pomeriggio con l’aiuto dei Vigili del fuoco» dice Adriana con un sorriso. Il campeggio forzato nel garage della Contram sembra non averla turbata. Racconta: «In Argentina è abituato ai terremoti solo chi vive al confine con il Cile. Non mi era mai successo di vivere un’esperienza così orrenda. Non sapevamo che fare, a chi chiedere aiuto, dove andare. Ho vissuto momenti che non dimenticherò mai più». Tornerete in Italia? Adriana e Silvia si guardano con espressione interrogativa. «Non lo sappiamo» dicono di primo acchito, ma poi preferiscono scherzare: «Promettiamo di tornare in cambio di una doccia». Una richiesta che condividono tutte le 350 persone (su un totale di 1.500 sfollati) che hanno trovato ricovero in questo garage.

Luciana, la segretaria dell’Alighieri, è meno ottimista. «Tutti gli iscritti del corso di novembre sono stati bloccati nei loro Paesi, al momento non sappiamo quando riprenderanno i corsi di italiano». Ci vorranno mesi. Ma Flavio Corradini, il rettore dell’ateneo marchigiano, cerca di rincuorare tutti: «Il futuro non crolla» dice ai giornalisti che lo vanno a trovare per incoraggiare lui stesso e soprattutto gli studenti. E poi getta il cuore oltre la siepe per dimostrare che non si tratta solo di parole: «Tranquilli: tra una settimana si torna in aula».

© RIPRODUZIONE RISERVATA