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Il testacoda sismico fra Amatrice e Norcia

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la parola agli studiosi dell’ingv

Il testacoda sismico fra Amatrice e Norcia

Per la scossa di magnitudo 6.5 (6.6 per gli americani dell'Usgs, United States geological survey) che stamattina ha buttato giù dal letto gli italiani da Bolzano a Bari, dobbiamo ringraziare la faglia di Amatrice. Un testacoda tra Amatrice e Norcia.
Gli scienziati dell'Ingv ammettono di essere sorpresi e felici. Felici perché fino a questo momento non ci sono vittime («è la notizia del giorno, alla luce di un terremoto che ha sprigionato questa energia» dice Massimiliano Amato, ricercatore dell'Ingv ed ex capo dell'Ufficio sismico); sorpresi «perché la parte più meridionale della faglia che si è attivata oggi, coincide in parte con quella più a nord del terremoto del 24 agosto».

L'area incriminata è sempre quella del Monte Vettore, al confine con il monte Bove, nella parte centro-settentrionale dei monti Sibillini. Gli studiosi tendono a collegare il sisma di Amatrice e quello di Norcia, uno la testa, l'altro la coda della stessa faglia, e a separarli da quello del 26 ottobre che ha colpito il cuore dei Sibillini, con epicentro nel triangolo tra Castelsantangelo sul Nera, Ussita e Visso. Forse un contagio tra un network di faglie che innerva questa parte dell'Appennino centrale.

Dice Enzo Boschi, geofisico e per un quarto di secolo a capo dell'Ingv: «I terremoti inaugurati da quello di Colfiorito nel '97 e proseguiti con Aquila nel 2009, Amatrice, Marche e Umbria del 26 ottobre e quello di stamane a Norcia, fanno parte della stessa zona sismogenetica». Per Boschi si può contemplare la possibilità che l'energia trattenuta dalla crosta terrestre in questo segmento appenninico si sia in grandissima parte liberata. Una sequenza di cinque terremoti in vent'anni non è cosa da poco. Ma è un'ipotesi di lavoro sulla quale nessun esperto, Boschi compreso, metterebbe la mano sul fuoco.

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