NEW YORK - Non si è parlato d'altro, naturalmente: il fine settimana è stato dominato dalle polemiche post rivelazioni Fbi su nuove email potenzialmente sospette di Hillary Clinton. Ma così facendo si è quasi disinnescata questa nuova bomba mediatica, questa “sorpresa d'ottobre” e sono ormai in pochi a pensare che le rivelazioni dell'Fbi possano intaccare in modo pericoloso il vantaggio di Hillary Clinton: fra una settimana, l'8 novembre, dovrebbe vincere, forse non con un voto a valanga, ma con la certezza di un vantaggio sufficiente a conquistare la Casa Bianca. Sarà più difficile invece fare da traino anche per il Senato e tantomeno per la Camera. Ma quelli sarebbero stati bonus aggiuntivi sul primo premio: la vittoria della Casa Bianca da parte della prima donna in America.
Ma cominciamo dall'inizio anche per capire come le cose siano cambiate così rapidamente. Nel fine settimana si è cercato di eviscerare in ogni dettaglio l'ultimo colpo di scena a partire dal ruolo e dal pensiero di James Comey, direttore dell’Fbi.
Si è saputo che ha agito contro il parere del dipartimento per la Giustizia, si è detto che ha abusato dei suoi poteri e che potrebbe essere a sua volta perseguibile per aver violato il Hatch Act sulle “turbative elettorali”. Sappiamo di certo che Hillary ha scelto il contrattacco: non poteva ignorare una provocazione così diretta e pericolosa: «Questa decisione è piuttosto strana - ha detto la ex First Lady parlando da Daytona Beach in Florida - È strano comunicare notizie del genere senza fornire alcun dettaglio in merito, così come è incomprensibile la scelta di farlo appena prima delle elezioni».
In effetti è strano. Su questo concordano quasi tutti, tranne Donald Trump. Dopo aver definito l'email gate «il più grande scandalo politico dopo il Watergate», ieri Trump ha twittato: «Siamo in testa in numerosi sondaggi, molti dei quali realizzati prima dell'annuncio dell'inchiesta penale di venerdì... a luglio si era trattato di un vero e proprio errore giudiziario, è speranza di tutti che oggi l'errore possa essere finalmente corretto».
Ma è proprio questo dialogo serrato, approfondito, ossessivo ad aver in qualche modo sdrammatizzato la sorpresa di ottobre. La storia delle email, nel senso più generico del termine, è vecchia. E chi doveva scegliere ha già scelto, non cambierà opinione per la semplice possibilità che siano state scoperte nuove email probabilmente innocue.
Certo un po' di incognita resta, ma l'impatto potrebbe essere molto contenuto, ad esempio impedendo l'effetto traino per una vittoria democratica al Senato. È anche vero che Trump si è rafforzato leggermente nei sondaggi: Hillary è scesa al di sotto dell'80%,a quota 78,8% per le sue probabilità di vittoria, e Trump è balzato in una settimana dal 15 al 21,2%. Ma è difficile che faccia un percorso completo di recupero entro una settimana. I voti elettorali per Hillary sono ora su quota 319 contro i 333 di una settimana fa mentre Trump è assestato attorno ai 219 voti. Per vincere ce ne vogliono 270. Per il voto popolare Hillary è al 49,4% mentre Trump è al 44,2%; per avere una distanza più vicina all'incertezza statistica, Hillary dovrebbe scendere al 46%, allora le preoccupazioni sarebbero reali.
Si aggiunga che in molti stati chiave il voto è già cominciato. In Florida il 20% della popolazione ha già depositato la scheda elettorale e sembra che Hillary sia comodamente in vantaggio su Trump; complessivamente 20 milioni di americani hanno già votato. Non potremo avere certezze fino all'8 novembre, ma oggi dovremmo aspettarci un rimbalzo dei mercati, se non sul fronte politico, certamente su quello finanziario: la notizia di una fusione possibile fra Ge Oil and gas e Baker Hughes del valore di 30 miliardi di dollari. L'America potrà essere affascinata e distratta dai colpi di scena della politica, ma avanza lo stesso lungo le nuove frontiere dell'economia.
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