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Imprese, meno burocrazia per ripartire

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le misure del governo

Imprese, meno burocrazia per ripartire

Alberghi, negozi, aziende della filiera alimentare, piccoli allevatori, e poi naturalmente imprese artigiane e industriali. Se al rischio di spopolamento di paesi e frazioni si somma anche l’arresto dell’economia - proprio nel momento in cui l’inverno si avvicina - la desertificazione è assicurata. Ecco perché, come segnala la presidente della regione Umbria, Catiuscia Marini, è necessario che «le imprese partano per prime per garantire la continuità della vita». «Le imprese - aggiunge - devono avere un loro canale distinto e dedicato per rimettere in piedi al più presto le attività». Altrimenti «se si ferma l’industria c’è la desertificazione».

Il pacchetto semplificazioni si annuncia robusto e articolato. Lo stesso premier, in visita a Preci, ha confermato che il decreto in arrivo sarà varato «tra giovedì e venerdì» e che conterrà misure per «accelerare le procedure».

Dopo aver detto sì ai container, il governo si prepara dunque a incidere anche sull’accelerazione dei tempi di autorizzazioni, certificazioni, permessi. La possibilità di riattivare un impianto, di riaprire un negozio, di spostare un macchinario passa anche per una procedura che “in tempo di pace” richiederebbe permessi, autorizzazioni se non addirittura titoli edilizi.

Ma in una situazione di emergenza servono procedure semplici e tempi rapidi, per assicurare quella continuità che per le imprese e il territorio ha un valore primario per poter reagire fin dai primi giorni successivi al colpo inferto dal sisma.

Dare queste risposte è necessario sia nei nuovi territori colpiti - prima di tutto il maceratese e relative aziende - sia nelle aree già colpite il 24 agosto, dove le attività nel settore zootecnico, alimentare, agricolo e commerciale avevano ripreso il lavoro o erano riuscite a non chiudere. E ora sono invece chiuse e ferme, come a Norcia.

In un territorio caratterizzato dalla presenza del Parco nazionale dei Monti Sibillini (oltre che del parco nazionale del Gran Sasso), la parola semplificazione acquista un valore ancora maggiore.

Poi c’è la necessità di realizzare in tempi ultrarapidi le aree dove posare i container. Non si può pensare di allestire migliaia di strutture in un mese o poco più se non si risolve il passaggio della progettazione esecutiva.

La soluzione potrebbe essere pertanto un ripescaggio, limitato, dell’appalto integrato da mettere in gara con tempi ridotti al minimo possibile, con aggiudicazione al massimo ribasso. Niente affidamenti diretti, ovviamente, ma procedure accelerate al massimo della compressione dei tempi tecnici. Ma non è esclusa una seconda soluzione più tranchant, che potrebbe vedere in campo il Genio dell’Esercito per sistemare le aree che dovranno ospitare i moduli.

Sempre per l’esigenza di rispondere in modo efficiente all’emergenza, le Regioni contano di potersi muovere in tempi rapidi e autonomamente, in alternativa alla centralizzazione della convenzione Consip già predisposta per acquisire i container. Il dipartimento guidato da Fabrizio Curcio ha già attivato la convenzione per i bagni chimici e quella per le “casette”, ma non ha ancora “premuto il bottone” per attivare la convenzione per la fornitura e posa in opera dei container, in attesa di capire al meglio l’articolazione e la dimensione del fabbisogno.

Poi c’è il tema dei beni culturali e della messa in sicurezza. Due i principali aspetti da regolare. Il “big one” degli Appennini ha prodotto molti crolli; ma anche molti edifici da puntellare e altri pericolanti da demolire. In molti casi, su questi ultimi non si può intervenire per via del vincolo ambientale. Su questo blocco si attende una soluzione, condivisa con il Mibact. Il problema è molto pratico: spesso questi edifici “collabenti” impediscono di percorrere in sicurezza la strada per consentire sia le operazioni di monitoraggio degli edifici, sia semplicemente l’accesso alle abitazioni. Non solo. Con un sistema viario sotto stress, il passaggio in alcune strade si presenta difficile proprio per il rischio di crollo dei ruderi pericolanti. C’è poi l’altro versante dell’intervento sui Beni culturali, e non riguarda la tutela ambientale ma la tutela in quanto patrimonio storico-cultuale. Anche in questo caso si deve trovare il modo di mettere mano a edifici danneggiati, crollati o pericolanti senza attendere i tecnici della Soprintendenza. Anche su questo la soluzione passa per una condivisione, con il Mibact, di una serie di istruzioni in modo da eseguire il necessario intervento di messa in sicurezza - abbattimento o puntellamento - senza attendere il diretto coinvolgimento dei tecnici della Soprintendenza.

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