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Dossier Viaggio nell'Italia svelata dai numeri

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    Dossier | N. 4 articoliCome si legge «Il Sole 24 Ore»

    Viaggio nell'Italia svelata dai numeri

    In questo fascicolo presentiamo un ritratto cifrato dell'economia italiana. Un'economia che viene da lontano: il «Volo del Calabrone» – un libro che scrissi assieme a Claudia Galimberti e Luca Paolazzi – racconta la breve storia economica di un Paese giovane, un Paese che raggiunse l'unità molto dopo altri Paesi del Vecchio continente. E il titolo fa riferimento a quell'insetto che, secondo alcune dotte opinioni, aveva una massa e una superficie alare che non avrebbero dovuto permettergli di volare. Ma il calabrone se ne infischia delle dotte opinioni e vola lo stesso. Del pari, l'economia italiana, scrollandosi di dosso il retaggio di immaturità statuale e di arretratezza contadina, è riuscita a volare, fino a diventare una delle maggiori potenze industriali del mondo: in Europa, per quanto riguarda l'industria manifatturiera, seconda solo alla Germania.
    Nell'excursus di questo fascicolo sull'economia italiana abbiamo voluto cominciare dagli abitanti. Le fattezze – quantitative e qualitative – della popolazione sono una componente essenziale del corredo economico di un Paese. In questo, come in altri capitoli (che vanno dalla popolazione all'attività economica, ai prezzi e alla finanza pubblica) abbiamo cominciato da lontano, dall'Unità d'Italia, per dare una visione storica dei cambiamenti nell'economia.
    A differenza delle altre uscite di questo «Come si legge Il Sole 24 Ore», questo fascicolo contiene un ricco corredo di grafici, a illustrazione del fatto che un'immagine vale mille parole. Per il capitolo sulla popolazione, ci siamo soffermati sul cambiamento più importante mai verificatosi nella composizione etnica degli abitanti: la crescente quota di stranieri, che ha ormai raggiunto l'8% della popolazione. Si potrebbe dire che anche agli albori dell'Unità d'Italia c'erano molti “stranieri”, nel senso che c'era un'enorme differenza fra i piemontesi e i siciliani e le diversità linguistiche erano anche più accentuate di adesso. A cominciare dalla lingua parlata: Tullio De Mauro ha stimato che al momento dell'Unità la percentuale della popolazione in grado di parlare italiano fosse pari al 2,5%, includendo, oltre a coloro (meno dell'1%) che avevano frequentato la scuola postelementare, i toscani e i romani, ammessi per contiguità dei loro dialetti alla lingua comune. Anche se altre stime hanno allargato i confini, per la verità un po' porosi, di queste stime (Arrigo Castellani arriva al 10%), è chiaro come avesse ragione Massimo d'Azeglio quando diceva che “Fatta l'Italia bisogna fare gli italiani”.
    Vuol dire, parafrasando d'Azeglio, che gli stranieri bisogna “farli italiani”? Sì e no: il problema dell'integrazione ha due aspetti. Da un lato, la convivenza richiede che gli stranieri accettino e pratichino i valori fondanti di una democrazia parlamentare: rispetto della persona, diritti umani, tolleranza... Ma dall'altro, l'Italia, come altri Paesi, si avvia a diventare una comunità multi-etnica, in cui i gruppi diversi dagli “italiani” possono conservare le loro tradizioni linguistiche, culturali e religiose.
    Nel capitolo sull'attività economica si parla di Pil (dal 1861), dei settori produttivi (agricoltura, industria, costruzioni, servizi) e delle principali componenti della domanda interna ed estera (consumi privati, consumi pubblici, investimenti, importazioni ed esportazioni).
    C'è poi un capitolo cruciale, sull'occupazione, dove si guarda all'evoluzione degli occupati, prima e dopo la Grande recessione, partitamente divisa per macrosettori. Ma l'input di lavoro si calcola più precisamente secondo il monte-ore, il complesso delle ore lavorate nell'economia e qui si compara l'evoluzione degli occupati con quella del monte-ore; due grandezze che si comportano diversamente a seconda del momento ciclico. Vengono anche esaminati gli aspetti qualitativi dell'occupazione, dalla quota di autonomi agli andamenti comparati del settore privato e di quello pubblico, fino alla traiettoria, fortunatamente crescente, dell'occupazione femminile.
    Anche il capitolo sui prezzi prende le cose da lontano: quanto costava il pane nel 1861?
    Infine, il capitolo sulla finanza pubblica si occupa di quella spina nel fianco dell'economia che sono i conti pubblici. Sul peso del debito sono disponibili i dati a partire dall'Unità. In una prospettiva di sessant'anni, invece, vengono esaminati gli andamenti di entrate, spese e delle loro principali componenti.

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