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Fermato lo scafista siriano di Al Qaeda che trasportava adepti e faceva…

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Dda e Gdf di Catanzaro

Fermato lo scafista siriano di Al Qaeda che trasportava adepti e faceva proseliti terroristi in Italia

L'indagato imbraccia una granata e indossa una bandana con scritto «Allah è grande!»
L'indagato imbraccia una granata e indossa una bandana con scritto «Allah è grande!»

Quando il 14 settembre 2014 sbarcò sulle coste calabresi di Vibo Valentia assieme a circa 500 migranti, secondo la Procura di Catanzaro che oggi ha emesso nei suoi confronti un decreto di fermo con l’accusa di terrorismo, aveva già in mente un piano di proselitismo terroristico di matrice islamica.

Di più. Il ventitreenne siriano, attualmente già in carcere a Rossano (Cosenza) con l’accusa di favoreggiamento all’immigrazione clandestina, in patria è stato addestrato a commettere azioni violente anche con l’uso di armi da guerra, ha manifestato espressamente la volontà di prendere parte a operazioni di martirio e – soprattutto – ha posto in essere attività di indottrinamento e reclutamento di nuovi adepti tanto tra i soggetti che ha trasportato illecitamente da Mersin (Turchia) facendoli sbarcare sulle coste calabresi il 14 settembre 2014 che tra quelli presenti all’interno del Cara (Centro di accoglienza per richiedenti asilo) di Isola Capo Rizzuto (Crotone).

L’indagato, secondo la Pocura, ha collegamenti con Jabhat al-Nusra (Fronte del soccorso al popolo di Siria), ramo siriano di al-Qaeda attivo in Siria e Libano, di cui fa parte il fratello dell’indagato.

L’attività ricostruita dalla Procura di Catanzaro – dal capo della procura Nicola Gratteri e dal sostituto Giovanni Bombardieri che hanno delegato le indagini al Nucleo di polizia tributaria di Catanzaro della Guardia di finanza guidato dal colonnello Carmine Virno – è una delle prime occasioni investigative in cui la magistratura riesce a collegare l’attività degli scafisti ad attività legate al terrorismo internazionale di matrice islamica.

Da questo punto di vista è vitale il collegamento della precedente attività terroristica del giovane indagato e il ruolo di primo piano dallo stesso assunto nel trasporto dei migranti: circostanze, queste, che solo in rare occasioni risultano emergere dalle indagini riguardanti il traffico di migranti.

Nei telefoni in uso al siriano emergono per investigatori e inquirenti condotte di chiara matrice terroristica, certamente in epoca antecedente al viaggio intrapreso e concluso con il suo arresto. Altro significato per i pm, infatti, non possono avere le immagini in cui l’indagato ostenta la disponibilitá di armi micidiali e inneggia ad azioni terroristiche mediante martirio. Altrettanto indiscutibile è, ancora per la Procura, il suo ruolo di primo piano nel trasporto dei migranti.

Il fermo in carcere del siriano si è reso necessario in quanto il detenuto stava per essere scarcerato a seguito dell’ordinanza di concessione di liberazione anticipata emessa dal Magistrato di sorveglianza di Cosenza.

Investigatori e inquirenti sono rimasti colpiti dal fatto che l’indagato ha conservato video, immagini e messaggi a costo di correre il rischio di subire (come poi è accaduto) controlli da parte della polizia giudiziaria al momento dello sbarco sulla costa calabrese. L’unica spiegazione plausibile, secondo i magistrati, è la necessità di disporre di strumenti per accreditarsi come soggetto inserito in un contesto associativo terroristico di grade rilievo.

Il giovane siriano, dunque, pur consapevole della sua attività e della circostanza del sequestro dei cellulari e addirittura dopo l’immediata liberazione disposta dal Pm di Crotone il 17 settembre 2014, è rimasto in Calabria ed in particolare presso il Cara di Sant’Anna dove è stato poi nuovamente arrestato l’8 ottobre.

Per la Procura di Catanzaro c’è un’unica, plausibile, spiegazione: il compito dell’indagato non si limitava al trasporto illecito dei clandestini ma era finalizzato anche all’indottrinamento e reclutamento di nuovi adepti e – per utilizzare le stesse parole usate dall’indagato – per «registrare una operazione di martirio».

La Gdf ha evidenziato che il siriano aveva collegamenti tracciati in Danimarca, Irlanda del Nord, Bulgaria, Turchia ed è inoltre risultato in contatto con utenze riconducibili al Regno Unito, Turchia, Siria, Libano, Giordania, Qatar, Egitto, Algeria e Venezuela.

Il 25 giugno di quest'anno, dopo una perquisizione di routine e dunque non improvvisa, gli è stata persino trovata una lettera nella quale il mittente, secondo la ricostruzione della Procura, gli chiedeva delucidazioni sulle caratteristiche della persona da scegliere per il compimento di una qualche azione non meglio specificata.

r.galullo@ilsole24ore.com

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