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Il dilemma del nuovo segretario al Tesoro

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Il dilemma del nuovo segretario al Tesoro

  • –Mario Platero

new york

La tradizione vuole che un nuovo presidente scelga il suo segretario al Tesoro fra i grandi protagonisti di Wall Street. Bill Clinton ad esempio aveva scelto Bob Rubin, Ronald Reagan Don Reagan, Ceo della Merril Lynch dei tempi d’oro, George Bush Henry Paulson, ceo di Goldman Sachs dei tempi d’oro.

Oggi più che mai, con mercati in agitazione, una crescita economica non brillantissima e pressioni del Congresso per tenere a briglie strette il settore finanziario in genere e quello bancario in particolare, ci vorrebbe qualcuno in grado di essere un grande mediatore. L’esperienza di Jack Lew, l’attuale segretario al Tesoro, non è stata di grande ispirazione e dunque le indiscrezioni dicono che sia Hillary Clinton che Donald Trump stiano pensando a un protagonista di Wall Street per prendere in mano le redini del Tesoro. Trump sembra che si stia concentrando su Henry Kravis, fondatore di Kkr o su Steve Mnuchin ex banchiere di Goldman, chiaccherato per certe sue disinvolture, capo della raccolta fondi per la campagna Trump.

Certo Trump farebbe meglio a scegliere un internazionalista e collaudatissimo esperto di istituzioni globali come Robert Zoellick (fra le altre cose ex presidente della Banca Mondiale e repubblicano illuminato doc). Zoellick farebbe da garante nel momento in cui Trump dovesse fare improvvisate dichiarazioni bislacche tipo «non ripaghiamo il nostro debito...». Ma un personaggio di quel calibro probabilmente non rientra nel radar di Trump, sarebbe troppo autonomo e per paradosso troppo “preparato”. Fra gli altri papabili nel suo campo John Paulson, CEO della finanziaria Paulson and Co, uno dei sostenitori della prima ora di Trump.

Hillary sta invece pensando a Larry Fink, fondatore e Ceo di BlackRock, la più importante società di asset management al mondo con fondi gestiti per un totale di oltre 5.000 miliardi di dollari. Fink, hanno suggerito a Hillary i suoi consiglieri, sarebbe l’uomo ideale perché avrebbe grande credibilità nei confronti dei mercati globali. Conosce e tratta direttamente con banchieri centrali e ministri, sarebbe perfettamente in grado di gestire la macchina operativa del Tesoro e potrebbe rappresentare per Hillary un forte punto d’appoggio, soprattutto nel momento in cui l’economia comincia a mostrare segnali di cedimento dopo 8 anni di crescita continua. Uno come Fink insomma potrebbe essere anche un grande mediatore sia interno che internazionale, quando l’ho incontrato è sempre stato lucidissimo soprattutto quando si parlava di interazioni globali.

Il problema? Su Fink c’è un veto: quello della senatrice Elizabeth Warren. C’è anche quello di Bernie Sanders che ha promesso una guerra senza frontiera contro gli eccessi di Wall Street. Entrambi hanno coperto Hillary a sinistra, mobilitandosi per galvanizzare la base militante e i giovani. In cambio chiedono a Hillary di aderire alla loro agenda severa nei riguardi del settore finanziario.

La Warren ha già anticipato che se il Senato finirà con maggioranza democratica e se sarà lei a diventare il presidente della commissione finanza porrà un veto non solo su Fink ma su chiunque provenga da Wall Street: «Il passato non è rassicurante, quando abbiamo personaggi di Wall Street al Tesoro ci siamo accorti che era un pò come mettere la volpe alla guardia del pollaio...». Hillary pensa anche a personaggi come Lael Brainard. La Brainard oggi siede nel consiglio della Federal Reserve, non proviene da Wall Street, ma ha ormai compiuto la sua esperienza a tutto tondo, è una grande esperta di economia internazionale, prima della Fed ha lavorato sia alla Casa Bianca di Obama che con Tim Geithner al Tesoro come sottosegretario appunto per gli affari internazionali, appare certo più accreditata per esperienza e credibilità di Sarah Bloom Raskin, numero due al Tesoro con Lew e una forte sostenitrice della Volcker rule per il sistema bancario, per il ritorno cioè al Glass Steagall Act e alla separazione fra banche d’affari e banche commerciali.

Ma è proprio con la nomina al Tesoro che Hillary potrebbe raggiungere un compromesso con l’ala della sinistra del partito. Sappiamo che, contrariamente alla Warren, vuole mantenere la Frank Dodd e che è molto contraria alla reintroduzione del Glass Steagall Act. Ma fare una marcia indietro di questo genere sarebbe per lei antistorico. Fu il marito Bill, quando era presidente ad abolire il Glass Steagall Act con l’aiuto del segretario al Tesoro Bob Rubin. Ecco dunque che Hillary potrebbe sacrificare Larry Fink, ottenere in cambio luce verde per una Frank Dodd rafforzata, mettendo allo stesso tempo in cantina il Glass Steagall Act.

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