La preoccupazione delle imprese pugliesi è che possano affievolirsi i segnali positivi riguardanti l’economia regionale. Banca d’Italia, nel rapporto di giugno, aveva parlato di «lieve crescita» nel 2015. L’Osservatorio banche-imprese ha previsto per la Puglia una crescita del valore aggiunto del 3,9% nel periodo 2017-2020 dopo il +2,74% del periodo 2014-2016. E poi ci sono i numeri sul tasso di occupazione e su quello di disoccupazione nel secondo trimestre 2016, confrontati con lo stesso periodo 2015, con il primo aumentato dal 43,8% al 45,5% e il secondo sceso dal 20,3% al 18,8 per cento. C’è però anche la variazione negativa dell’export: -2,7% nei primi sei mesi 2016 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, dopo che l’intero 2015 aveva fatto registrare un +0,7 per cento.
Domenico Favuzzi, presidente di Confindustria Puglia, individua le ombre «negli effetti del post Brexit, nel blocco che il Codice degli appalti ha causato alle opere pubbliche e all’edilizia e nel rallentamento dell’economia mondiale». Il Regno Unito, dice l’assessore regionale allo Sviluppo economico Loredana Capone, «è il sesto mercato della Puglia per tutto l’export, ma diviene il terzo se consideriamo solo l’aerospazio». «Dalla Brexit - aggiunge Favuzzi - le nostre esportazioni di agroalimentare, tessile e arredo potrebbero subire un contraccolpo».
Rivolgendo invece lo sguardo al fronte interno, ancor più esplicito sull’edilizia è Gerardo Biancofiore, presidente dell’Ance (l’associazione dei costruttori edili) pugliese: «Noi il Codice degli appalti lo vogliamo. Siamo per la trasparenza e la legalità, non si discute, ma interroghiamoci anche su cosa sta accadendo ora e troviamo le soluzioni per superare la paralisi». Nei primi nove mesi dell’anno, relativamente alla Puglia, non un bando superiore ai 50 milioni di euro è stato lanciato contro i 2, per un valore complessivo di 118 milioni, messi a gara nello stesso periodo l’anno scorso. Ma la frenata è ancora più evidente per i bandi sotto i 50 milioni: sempre nei primi nove mesi del 2016, sono stati 699 quelli lanciati, per un importo di 434 milioni; un anno prima, stesso periodo, se ne contavano 1.148 per 1,182 miliardi. A ciò si aggiunga l’onda lunga della crisi, che ha visto le imprese di costruzioni pugliesi ridursi di oltre l’8% dal 2008 al 2014: -2.626 aziende. «Numeri significativi - commenta Biancofiore -. C’erano 32.197 imprese nel 2008, ne abbiamo contate 29.571 due anni fa».
La Puglia ha in mano comunque alcune leve per la crescita dell’economia regionale. A partire dal ”Patto per la Puglia” che Governo e Regione, dopo una fase molto conflittuale (che in verità continua su altri fronti), alla fine sono riusciti a firmare a settembre e che prevede 2 miliardi e 71 milioni di stanziamenti per una quarantina di interventi su vari fronti (da quelli in materia di mobilità o di logistica al rafforzamento del sistema di depurazione, dall’adeguamento strutturale della rete ospedaliera alla bonifica di siti inquinati), a cui si aggiungono 1,4 miliardi del Cipe (Fondo per lo sviluppo e la coesione) per altri 21 interventi riguardanti mobilità, trasporto regionale, aiuti alle imprese, valorizzazione dei beni culturali.
«Attuazione del Patto per la Puglia, spesa dei fondi europei e prospettive dell’industria 4.0 sono i temi su cui invitiamo la Regione ad entrare nel merito» sottolinea Favuzzi. E Biancofiore: «Bene la firma del Patto, investire nelle infrastrutture come nella logistica, nella mobilità come nel turismo, c’è bisogno per rafforzare la Puglia; ma quando andiamo oltre l’annuncio? Quando si vedranno i cantieri?». Preoccupata Daniela Fumarola, segretaria Cisl Puglia, per la quale «non c’è nulla che si muova. Abbiamo chiesto alla Regione di farci conoscere le risorse su tutti gli assi, comunitari, Patto e infrastrutture, ma non c’è stata risposta, mentre Emiliano (il presidente della Regione, ndr) non ci riceve da una vita».
«Siamo in attesa che la presidenza del Consiglio ci convochi per definire tempi e modalità di utilizzo delle risorse - annuncia il governatore Michele Emiliano -. Moltissimi dei progetti inseriti nel nostro Patto sono ad una fase esecutiva, quindi pronti per essere cantierizzati. Siamo tuttavia preoccupati perché pare che le somme realmente a disposizione della Puglia per il biennio 2016-2017 non siano sufficienti a dare il via alle opere previste». Un punto interrogativo da chiarire, quindi. Intanto le imprese rilanciano all’esecutivo regionale l’invito ad entrare nel merito dei temi in agenda.
«Con la Regione - riconosce Favuzzi - c'è stato un grande confronto, dal Masterplan alla Smart Specialization, dal Patto per la Puglia ai fondi europei, e apprezziamo la riconferma dei contratti di programma per l'attrazione degli investimenti, ma adesso serve un passo avanti. Lo stesso riordino ospedaliero e sanitario può innescare prospettive di impresa e di lavoro se pensiamo alla telemedicina, alle biotecnologie, alle macchine per le attività cliniche».
La Puglia, osserva Emiliano, «sta già lavorando per rendere più inclusiva la comunità e per ridurre le aree di povertà economica e sociale». «Ma non enfatizziamo il Reddito di dignità - dice Fumarola -. Rischiamo, dopo un anno di reinserimento sociale, che le famiglie tornino nella condizione in cui erano. È la creazione di lavoro che include le persone nella società, è la ripresa dei consumi che fa bene all'economia, quindi le misure che determinano crescita e lavoro vanno stabilite e rese definitive».
«Stiamo accrescendo la competitività del territorio con una serie di interventi rilevanti dal punto di vista industriale, ambientale, del welfare e della sanità, della mobilità, selezionando progetti, a valere sui fondi strutturali 2014-2020, per oltre 2,2 miliardi di euro», sottolinea Emiliano. «Oggi abbiamo oltre 2.600 imprenditori che negli ultimi 15 mesi ci hanno presentato progetti di investimento per circa 1,4 miliardi di euro» dice il governatore, che aggiunge: «Circa l'80% per cento è costituito da imprese di piccola e piccolissima dimensione, che hanno già in corso investimenti per oltre 540 milioni di euro. Parliamo complessivamente di un'occupazione a regime di circa 40mila unità». E allargando la visuale alle anticipazioni del rapporto Svimez (si presenta il 10 novembre) che parlano di «anno positivo» per il Sud «ben oltre le previsioni», Emiliano dice che «la Puglia ha dato un contributo molto importante, a partire dall'occupazione, che ha registrato nel 2015 un andamento tra i più positivi del Mezzogiorno e del Paese intero».
La Puglia, però, è anche la terra che vede due grandi nodi ancora irrisolti: uno si chiama gasdotto Tap, il cui approdo è nel Salento, a Melendugno, l'altro è l'Ilva di Taranto. Su di essi, la posizione delle imprese è chiara: sì al gas dall'Azerbaigian perchè l'Italia deve diversificare le sue fonti di approvvigionamento di energia, e sì al rilancio dell'Ilva unito al risanamento ambientale perchè la manifattura metalmeccanica ha bisogno dell'acciaio prodotto a Taranto. Questi, però, sono anche i temi su cui Emiliano sta dando battaglia al Governo in quanto non condivide l'impostazione data, tant'è che ha impugnato alla Consulta l'ultima legge Ilva. «Sappiamo - dice Emiliano - che l'unico modo per salvare l'Ilva è decarbonizzare il processo produttivo abbattendo a zero le emissioni nocive e della metà le emissioni di CO2. E per questo è indispensabile disporre dei 20 miliardi di metri cubi di gas che ci può assicurare solo il gasdotto Tap, che noi riteniamo strategico anche per l'Italia e per l'Europa».
Ma la localizzazione dell'opera è oggetto di scontro tra Regione e governo nazionale. Emiliano parla di rilievi geologici non eseguiti prima di localizzare l'opera. E non solo. «Non è colpa nostra - aggiunge - se si è ritenuto di localizzarla nella più bella spiaggia pugliese dell'Adriatico, attrattiva turistica irrinunciabile per la nostra Regione. Abbiamo proposto di spostare l'approdo di qualche decina di chilometri, in una zona possibilmente industriale».
«Tutto questo - sottolinea ancora Emiliano - in coerenza con un programma di governo (regionale, ndr) molto dettagliato, votato dalla maggioranza dei pugliesi e approvato dal Consiglio regionale. E quando le scelte del Governo (nazionale, ndr) contrastano con questa volontà popolare, o quando esse determinano un impatto negativo sulla vita e sulla salute delle persone, sull'ambiente e sullo sviluppo economico, la Regione Puglia fa valere le sue ragioni nell'esclusivo interesse pubblico».
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