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Dossier La sfida di Renzi contro i populismi che va oltre il referendum

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Dossier | N. 118 articoliReferendum costituzionale

La sfida di Renzi contro i populismi che va oltre il referendum

Diceva ieri Renzi che la vittoria di Trump dimostra che la “realtà è altrove”, fuori dai sondaggi, dai media. Un malessere che resta fuori dalla porta anche dei partiti tradizionali che davanti alla crisi si presentano con un welfare «datato» mentre i populismi hanno messo in campo lo slogan del nazionalismo. È questa la sfida che va oltre il referendum.

Quella realtà inafferrabile di cui ieri parlava Renzi è quella che lo aspetta non solo nell’appuntamento referendario del 4 dicembre ma nelle sue prossime tappe da premier o da leader del Pd. È un tema che non riguarda solo una sfida ma tutte le sfide elettorali che ci saranno di qui in avanti e che ieri raccontava Gianni Cuperlo. «Viviamo un momento nel quale sono venute meno le sicurezze del ceto medio, che si ribella. E la sinistra fa fatica a intercettarlo. Dobbiamo cambiare anche noi», diceva. Perfino la definizione di ceto medio andrebbe riscritta perché nella morsa della globalizzazione non finiscono solo colletti blu e bianchi ma anche quei professionisti qualificati che la rivoluzione digitale sta mettendo alle strette. È quindi un mondo del lavoro trasversale, con redditi anche distanti, a essere sotto pressione e che non sta più dentro un modello di welfare fatto per un’altra èra.

Quella realtà che “è altrove” in questi anni di crisi è stata lasciata in balìa di una serie di slogan: quello della competizione globale, quello della finanza internazionale che ha spalancato le porte a divari di reddito enormi e, infine, quello del rigore che l’Italia ha condiviso sottoscrivendo le regole europee. È da questa trappola che Renzi sta cercando di venire fuori ma per il momento ha individuato una sola via d’uscita: quella di rovesciare il tradizionale registro politico del Pd sull’Europa. Ancora ieri ha citato Mario Monti per dire che ha cambiato quel ritornello del “ce lo chiede Bruxelles” ma al suo discorso mancano dei pezzi. Perché la pagina ancora vuota del suo programma è come risponderà al modello di welfare che già si profila nei messaggi dei partiti populisti. O di quelli battuti dal populismo. Uno stato sociale la cui premessa è la chiusura dei confini.

È in fondo quello che evoca l’impianto dei 5 Stelle: un reddito di cittadinanza che però è affiancato da politiche migratorie più restrittive e da una battaglia contro l’euro. Uno schema simile a quello di Salvini che mette insieme il “No” agli immigrati e all’Europa con la protezione dei confini per tutelare meglio il lavoro e i redditi degli italiani. E in fondo sono le stesse risposte che hanno dato i Tories nel loro ultimo congresso a Birmingham dopo la Brexit: un riflesso nazionalista che è una novità per la tradizione di quel partito. Ed è lo stesso slogan di Trump: «America first».

È dunque con questo modello “nazionalista” di società e di welfare con cui Renzi dovrà fare i conti perché quel braccio di ferro con Bruxelles e Berlino è solo una tappa. Peraltro nemmeno definitiva. L’appuntamento referendario, insomma, è solo un capitolo della battaglia tra populisti e anti-populisti che si consumerà su un nuovo modello di protezione sociale. Anche se il premier dovesse vincere il test popolare del 4 dicembre, la strada non diventerà una discesa verso le elezioni politiche. Il campo che hanno occupato sia i 5 Stelle che la Lega con la ricetta “protezionista”, che ora trova solide sponde nell’America di Trump, costringerà il Pd a uscire dal rammendo delle politiche sociali, delle misure per i pensionati o gli esodati come quelle disegnate nella legge di stabilità.

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