Uniti sul “No” ma divisi su tutto il resto. La storia delle due destre è un po’ questa: una battaglia che li vede insieme più per forza che per reale sintonia politica. E ieri dai due luoghi delle divisioni, a Firenze Salvini, a Padova Parisi, non hanno fatto nulla per dissimulare la grande distanza che li separa. Che non è solo una questione di leadership ma un divario reale su due strategie politico-istituzionali molto differenti - perfino alternative - di cui la guida del centro-destra è una conseguenza.
Se il leader della Lega ha alzato i toni sul Quirinale con espressioni così tanto fuori misura, è perché il vero bersaglio è Berlusconi e le disponibilità a proseguire la legislatura che ha offerto al Colle nell’incontro di qualche settimana fa. «Se vince il No si vota, chi è Mattarella?», gridava Salvini toccando il vero nervo scoperto delle due destre. Perché una prima, importante, divisione ci potrà essere – per paradosso – proprio se dovessero vincere la sfida comune contro la riforma costituzionale. Sia il manager che il Cavaliere, infatti, hanno in mente un percorso che non è fatto di elezioni ma di una nuova “larga coalizione”, con un Governo che abbia al primo punto la riforma dell’Italicum in senso proporzionale. Sempre che Renzi fallisca l’appuntamento del 4 dicembre.
E comunque, nell’intervista al Corriere, Berlusconi si mantiene piuttosto prudente nella battaglia referendaria, con toni misurati e mai sbilanciati che danno il segno di come si stia preparando anche allo scenario della vittoria del “Sì” mettendo in cantiere un nuovo accordo con il premier su regole elettorali di tipo proporzionale.
Cosa vuol dire? Che di fatto vuole ridurre il potere contrattuale – e di ricatto - di Salvini e disegnare una legge che vada più incontro alle esigenze di Forza Italia. E, diciamo pure, a quell’esigenza di tenersi le mani libere ora che il suo partito ha un peso elettorale molto ridotto rispetto al passato e non può più pensare di dare le carte ma, semmai, di fare l’ago della bilancia. Un sistema proporzionale consentirebbe, in futuro, di guardare Salvini ma anche pensare a una riedizione di larghe intese, liberando Forza Italia dalla “frusta” di una Lega che vuole imporre leadership e agenda politica. Non a caso ieri il giovane leader leghista ha sparato a zero contro il sistema proporzionale portatore di nuovi “inciuci”. Il punto dolente sta qui, che con quel sistema Salvini resta nel recinto del Carroccio e non può dettare la linea.
In fondo è quello che gli ha detto eri Stefano Parisi rivendicando un giusto orgoglio politico: «Noi non siamo quella roba lì». Quella “roba” che sono le ruspe anti-immigrati o una politica economica protezionista che da Trump arriva a Salvini. Davvero ci sono due visioni del mondo opposte che una legge come l’Italicum - o un maggioritario come il Porcellum – non sarebbe in grado di legare se non con la finzione o con l’umiliazione di una delle due. È quello che non può accettare Berlusconi che sta difendendo il suo “marchio” identitario con grande prudenza. Come chi sa fare bene i calcoli di convenienza. Come se non si fidasse fino in fondo dei sondaggi e volesse tenersi aperte tutte le strade pur di arrivare a una legge elettorale nuova e più congeniale agli interessi di Forza Italia. E liberarsi dell’arroganza di Salvini.
© Riproduzione riservata