Italia

I dilemmi del Cavaliere tra investiture e deposizioni

  • Abbonati
  • Accedi
l’analsi

I dilemmi del Cavaliere tra investiture e deposizioni

Difficile capire in questo momento dove si stia dirigendo la politica italiana in generale, ma in particolare quella dell’ex centrodestra. Ex perché bisogna chiedersi se gli sia davvero possibile mantenere quello che fu lo spirito della sua genesi: recuperare l’elettorato centrista “moderato” che si stava sbandando dopo il tramonto non solo della Dc, ma di tutti i partiti che aveva fatto il centrismo, a cui si univa, legittimandola, una destra a suo modo storica, quella che ormai aveva optato per la “modernità” decidendo che le nostalgie sul ventennio andavano messe in soffitta. Ci si aggiungeva una forza che, a dire il vero, non rappresentava né un mondo né l'altro, cioè la Lega di Bossi, ma era una forza, per quanto non piccola, “di complemento”.

Allora il costruttore della sintesi fu Silvio Berlusconi che comprese come quell’amalgama potesse avere un futuro in un paese in cui c’era sì anche allora forte inquietudine per quel che poteva significare il dissolvimento dei vecchi equilibri, ma in un quadro di aspettative ancora radiose circa il futuro del paese.

Oggi tutto è cambiato. La destra è ora rappresentata da una componente antisistema che fonde rabbia da frustrazione sociale e utopie su soluzioni miracolistiche per sconfiggere i mali della grande transizione in cui siamo inseriti. Il centro non si sa più bene cosa sia, perché la fine del comunismo gli ha tolto la funzione di argine a quella “minaccia” per l’organizzazione del nostro spazio pubblico.

Ora entra però in scena a far concorrenza al mondo delle ideologie il problema di come posizionarsi nella contingenza delle prossime scadenze, quando, chiunque vinca il referendum, si dovrà comunque andare nel giro al massimo di un anno e qualche mese (la legislatura terminerà nei primi mesi del 2018) ad un confronto elettorale. Il problema sarà di conseguenza sia come gestire la fase di passaggio fino a quell’appuntamento per il quale servirà in ogni modo una nuova normativa sul voto (per la Camera e per il Senato), sia come gestire le elezioni che si facciano o meno con un premio di coalizione.

È qui che Berlusconi ha mostrato le sue debolezze non sapendo decidere, ancora una volta, a chi affidare il compito di gestire la nuova fase, visto che non è pensabile lo faccia davvero lui, ma è altrettanto assurdo che continui a distruggere le figure che lancia nell’arena. Infatti per essere veramente titolati ad avere una parte rilevante nella gestione di un passaggio difficile il centro dovrebbe recuperare la sua fisionomia moderata e responsabile uscendo dal ricatto di “quella roba là” (per citare l’efficace e tecnica definizione di Parisi). Dal lato opposto per vincere delle elezioni che saranno una specie di sfida all’Ok Corral si continua a pensare serva l’ammucchiata più ampia possibile di forze anche turandosi un bel po' il naso.

Berlusconi, che almeno a livello storico detiene ancora la golden share del vecchio centrodestra, continua ad oscillare quanto ad orientamento e quanto a personale politico a cui affidare il compito: si rende conto che l’ammucchiata è una resa alla nuova destra di Salvini, ma teme che puntare su una rinascita del centro moderato non gli dia garanzie di successo per la concorrenza che è in grado di fargli sul suo terreno il nuovo centrosinistra. Il fatto è che l’operazione rinascita richiede un po’ di tempo, perché Parisi ha un progetto interessante, ma in tempi confusi come quelli attuali non può farlo accettare in poche settimane.

È un momento delicato e decisivo per una componente storica del sistema politico italiano, cioè per il “moderatismo popolare”. Se si sbagliano i calcoli adesso essa sarà messa fuori gioco almeno per un bel po' di tempo, il che non è esattamente augurabile visto quel che determinerebbe il vuoto che verrebbe così a formarsi al centro.

© Riproduzione riservata