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Le carte di Renzi sul «dopo» referendum e due ragioni che escludono…

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POLITICA 2.0

Le carte di Renzi sul «dopo» referendum e due ragioni che escludono il governo tecnico

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È sicuramente tattica elettorale. Il fatto che Renzi continui a bocciare l’ipotesi di governi tecnici - se perde il referendum - fa parte della campagna per rafforzare il “Sì” paventando «l’inciucio». Ma potrebbe anche servire a preparare il terreno per un voto anticipato. C’è un’incongruenza in quello che ieri diceva il premier. Da un lato sparava a zero contro Esecutivi tecnici - se dovessero vincere i “No” - e dall’altro ammetteva che una nuova legge elettorale servirà in ogni caso. E dunque quale Governo si fa mentre il Parlamento definisce il nuovo Italicum? Questa è la domanda e l’incongruenza. È chiaro che per riaprire una trattativa tra partiti e riscrivere le regole più che un Esecutivo tecnico ne servirà uno politico che sia in grado di reggere i nuovi accordi e i nuovi equilibri.

C’è poi un’altra ragione che taglia fuori l’opzione dell’Esecutivo tecnico, al di là delle parole di Renzi. Che se si va alla scadenza naturale della legislatura si dovrà fare un’altra legge di stabilità. E non una qualsiasi ma quella che guarderà in faccia le elezioni del 2018. È possibile che a farla sia una squadra di tecnici? E che questa possa avere il voto di partiti che si preparano alla campagna elettorale? Niente è escluso ma è davvero molto difficile che con questi due passaggi – nuova legge elettorale e nuova Finanziaria – si possa arrivare a un governo che non sia pienamente politico.

Tra l’altro, anche la prossima manovra avrà in carico – ancora – la sterilizzazione dell’aumento dell’Iva e la trattativa con l’Ue sui tagli al deficit. Insomma, votarla e prima ancora scriverla sarà un’operazione di grande equilibrismo dato che saremo già in clima pre-elettorale. Ecco, allora, che un nuovo Esecutivo appoggiato “dall’esterno” da Renzi ha una controindicazione non da poco. E diventa una ragione per immaginare un voto anticipato. Al Quirinale sono consapevoli che ogni soluzione sul “dopo” passa necessariamente attraverso il leader Pd. Soprattutto se dovesse sfondare quota 40% di consensi popolari – pur perdendo – saranno voti che farà pesare dentro il partito e nei negoziati politici al Colle. Dunque non esiste una strada che non lo coinvolga. Anzi il paradosso è che in questo scorcio di campagna elettorale Renzi potrebbe ri-personalizzare la battaglia referendaria proprio per rendere evidente che ogni singola scheda sul “Sì” è un voto per lui. E con quel pacchetto di consensi prepararsi alla campagna elettorale.

Se quindi quel fuoco di sbarramento a un nuovo Esecutivo sembra prevalentemente tattica elettorale, un modo per dire agli italiani che il “No” fa tornare in auge gli inciuci, potrebbe avere anche un altro risvolto. Quello di cominciare a preparare una delle possibili exit strategy della sconfitta referendaria. Il cammino non è semplice. Ci sono pochi mesi per rifare la legge elettorale. E ci sono le questioni finanziarie: ieri lo spread si è alzato a oltre 180 punti e nulla si sa di cosa accadrà il 5 dicembre sui titoli bancari. La nebbia resta ma si comincia a lavorare sui piani B.

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