Quasi la metà dei neo-genitori ha chiesto nel 2015 il bonus bebè. Mentre i fondi stanziati per i voucher per la baby sitter e l’asilo nido - riservati alle lavoratrici ed esauriti quest’anno a luglio - sono bastati appena per il 2% delle mamme. I dati dell’Inps fotografano la corsa alle misure di sostegno ai nuovi nati, che il disegno di legge di bilancio all’esame della Camera dei deputati rilancia (in parte) per il 2017. E le preferenze manifestate finora possono fare da guida per misurare l’efficacia degli interventi in cantiere.
Il bonus bebè
È l’incentivo più ricco tra quelli messi in campo, ma vincolato a precisi limiti di reddito. Il bonus bebè consiste infatti in un assegno - riconosciuto per tre anni - di 80 euro al mese (960 l’anno) per le famiglie con redditi fino a 25mila euro, che raddoppia a 160 euro (1.920 l’anno) se i redditi della famiglia si fermano a 7mila euro. Nel 2015 (il primo anno intero di operatività) le richieste sono state quasi 240mila, pari al 49% dei circa 480mila nuovi nati, e hanno riguardato per metà l’assegno da 960 euro e per l’altra metà quello da 1.920 euro. Il tutto per un costo per l’Erario di circa 350 milioni e, considerando che gli aiuti sono concessi per tre anni, l’anno prossimo l’ammontare erogato dovrebbe superare il miliardo.
Attenzione, però: il bonus era stato introdotto solo per i bimbi nati o adottati dal 1° gennaio 2015 al 31 dicembre 2017. Il Ddl di bilancio non ne parla, ma introduce un altro aiuto che per il 2017 correrà in parallelo, il «premio alla nascita»: un assegno di 800 euro versato in una sola tranche a tutte le mamme che potranno chiederlo dal settimo mese di gravidanza o al momento dell’adozione. Il “premio” dovrebbe spettare anche a quel 50% di neo-genitori con redditi sopra i 25mila euro, esclusi dal bonus bebè, e il costo per lo Stato sarà di 392 milioni l’anno (relazione tecnica al Ddl).
Il “premio” per tutti potrebbe correggere le storture legate alle situazioni-limite (come i redditi appena sopra la soglia del bonus bebè) o ai redditi in nero, ma sarà comunque necessario vedere cosa accadrà dal 2018: la mancata conferma del bonus bebè lascerebbe senza un sostegno di peso le famiglie con meno risorse.
I voucher
Per le sole mamme lavoratrici, inoltre, dal 2013 sono disponibili i voucher (buoni lavoro) per pagare la baby sitter o la rata dell’asilo nido a cui viene iscritto il bambino. Rifinanziato nel corso degli anni, il contributo è salito da 300 a 600 euro mensili e negli ultimi due anni – grazie a uno stanziamento annuo di circa 18 milioni di euro - ha raddoppiato la platea dei beneficiari.
Quest’anno ne hanno potuto godere 7.253 mamme (per un massimo di sei mesi, entro 11 mesi dalla fine del congedo di maternità, e in alternativa al congedo parentale), ma già a luglio le risorse disponibili sono state esaurite. In media l’assegno è stato erogato per cinque mesi, per un totale di circa 2.500 euro.
La maggior parte delle mamme ha chiesto il buono per retribuire una baby sitter. Solo una su sette, infatti, lo ha sfruttato per coprire la rata del nido. Questa preferenza, data dal fatto che sempre più famiglie si affidano all’aiuto di una tata, sembra scontrarsi con la decisione del Governo di introdurre con la manovra una nuova misura, il bonus nido da mille euro; anche se i voucher verranno comunque rifinanziati (e con una dote più che raddoppiata: 40 milioni per le lavoratrici dipendenti e 10 per le autonome), dai dati Inps emerge la domanda di un aiuto “extra” tra le mura domestiche da parte dei genitori che lavorano.
Il bonus nido, previsto dal Ddl di bilancio, dovrebbe essere disponibile per i nati dal 2016 – previa documentazione che dimostra l’iscrizione – indipendentemente dal reddito e dall’occupazione dei genitori: la misura, pertanto, andrà potenzialmente a soddisfare un bacino più ampio di famiglie, ma non sarà cumulabile con i voucher e neanche con la detrazione fiscale per l’asilo nido (che però si ferma a 120 euro).
Il congedo di paternità
Il Ddl di bilancio proroga per il 2017 il congedo obbligatorio di due giorni per i neo-papà lavoratori dipendenti. Introdotto per un giorno nel 2013, il congedo obbligatorio è stato utilizzato nel 2015 da 70mila padri: appena il 14% (al netto dei parti gemellari) del totale delle nascite. Segno, probabilmente, che non tutti i dipendenti ne usufruiscono. Ma anche che dal congedo obbligatorio sono esclusi gli autonomi e i collaboratori: un gap che la manovra, per ora, non colma.
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