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Firme M5S, 14 indagati tra Bologna e Palermo

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Politica

Firme M5S, 14 indagati tra Bologna e Palermo

Bologna come Palermo? Un’altra tegola si abbatte sul M5S a dieci giorni dal referendum sulle riforme e prelude a un’altra raffica di sospensioni, con il blog di Grillo che ribadisce: «Chi sbaglia va via, senza sconti». Dopo l’inchiesta di Palermo sulle firme false, che vede tra gli indagati i deputati Riccardo Nuti e Claudia Mannino (ieri sono partiti gli avvisi a comparire), anche la procura di Bologna ha avviato un’indagine sulle firme depositate per le regionali del 2014. Tra i quattro indagati - che secondo gli esposti presentati da due ex grillini avrebbero raccolto firme fuori regione - c’è il vicepresidente del consiglio regionale, Marco Piazza, braccio destro di Massimo Bugani, capogruppo M5S a Palazzo D’Accursio ed ex candidato sindaco, nonché vicinissimo a Davide Casaleggio, tanto da essere uno dei co-gestori della piattaforma Rousseau. È Bugani, ventilando «scherzetti» e trappole, a sostenere subito: «L’obiettivo ero io, ma sarà facilmente dimostrabile che è un buco nell’acqua».

Dal blog di Grillo si ribadisce la linea dura, condita dall’annuncio che domani sarà votato online il collegio dei probiviri, previsto dallo statuto appena modificato e composto da tre parlamentari, che può disporre la sospensione cautelare dell’iscritto. Non manca però né un attacco al Pd («Nel M5S chi sbaglia paga, nel Pd no»), alludendo al patteggiamento in Piemonte da parte di nove dem proprio per firme false, né la versione di Piazza. Che afferma di non sapere su cosa la pm Michela Guidi e il procuratore Giuseppe Amato stiano indagando. Per ora l’ipotesi di reato sarebbe limitata, come a Palermo, alla violazione dell’articolo 90 del Dpr 570/1960 che punisce con la reclusione da due a cinque anni chiunque forma falsamente liste di candidati o usa atti falsificati. Ma non si esclude che possano subentrare accuse più pesanti, come falso e falso ideologico. Piazza assicura: «Non ho mai falsificato né eseguito ricopiature di nessun genere. Non avevamo motivo di ricorrere a sotterfugi». E aggiunge: «Il Movimento viene comunque prima di tutto: qualora mi arrivasse un avviso di garanzia mi autosospenderò immediatamente».

Al di là dello scontro politico, la mina più pericolosa riguarda le dinamiche interne al Movimento. Palermo fa scuola: a oggi, soltanto due degli indagati (i deputati regionali Claudia La Rocca e Giorgio Ciaccio) hanno accolto l’invito ad autosospendersi. Nonostante il pressing dei vertici e del direttivo a Montecitorio, partito settimane fa, e nonostante le proteste degli attivisti sui social, i deputati nazionali Nuti e Mannino resistono. Secondo fonti M5S, sono convinti che l’autosospensione li danneggerebbe all’eventuale processo e suonerebbe come un’ammissione di colpevolezza. Ma alla fine, in assenza di passi indietro, potrebbe essere oggi lo stesso Grillo a intervenire, pure senza aspettare i probiviri. Già sono sul tavolo sanzioni più gravi, come l’espulsione in caso di rinvio a giudizio. Gli indagati a Palermo, intanto, sono saliti a dieci. Tra loro anche Samantha Busalacchi, possibile candidata sindaco alle comunali della prossima primavera. Ma le “comunarie” sono state congelate e ieri il gruppo Cinque Stelle all’Ars ha interrotto la collaborazione con lei.

Dal governo il ministro dell’Interno Angelino Alfano replica ironico a Luigi Di Maio che «sente odore di brogli» per il voto degli italiani all’estero al referendum: «Evidentemente ha fatto un giro a Palermo e Bologna, dove il suo partito è diventato il Movimento 5 firme...».

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