Vanno bene gli 85 euro di aumento a regime, ma «medi» come intende il governo o «minimi» come da richiesta sindacale? È sospesa su questo punto la trattativa sull’accordo per il rinnovo del contratto del pubblico impiego, avviata ieri con l’incontro fra la ministra per la Pa e la Semplificazione Marianna Madia e i sindacati confederali. In discussione, poi, c’è l’inclusione della scuola nel raggio d’azione di un’intesa che punta anche a rivedere le regole per la distribuzione dei premi di produttività e la divisione dei compiti fra leggi e contratto, anticipando l’indirizzo che andrà tradotto in pratica nel testo unico del pubblico impiego.
I due nodi sono pesanti, sia sul piano politico sia su quello tecnico, ma non sembrano tali da chiudere la strada verso un’intesa politica sul modello di quella firmata sulle pensioni prima della manovra. Il confronto continua sul piano tecnico, e potrebbe tradursi a breve in una nuova convocazione, in un calendario che inevitabilmente si intreccia con gli ultimi giorni di attesa del referendum.
Al tavolo la ministra Madia ha portato l’impegno del governo per un aumento medio a regime da 85 euro, calcolandolo sulla linea delle dinamiche registrate nei principali comparti del settore privato, insieme alla conferma della disponibilità a rivedere i meccanismi della riforma Brunetta sui «premi» di produttività, ridando peso ai contratti anche su questi aspetti.
Sul piano delle regole, in realtà, le intenzioni di governo e sindacati convergono, e sono al centro di incontri tecnici andati avanti per mesi sia all’Aran sia alla Funzione pubblica. Il punto critico è rappresentato dalla scuola, per due ragioni: lo strumento normativo per mettere in pratica l’accordo è il testo unico del pubblico impiego, attuativo della delega Pa da cui la scuola è esclusa. Le regole per questo settore, poi, sono state fissate dalla «Buona scuola», inderogabile dai contratti, ed è difficile che il governo rimetta in discussione uno dei provvedimenti chiave del proprio programma.
Sugli 85 euro, il punto è sia finanziario sia politico. Per ora si tratta di un impegno politico ad arrivare a quella cifra nel 2018, ma l’intenzione più volte ribadita dalla stessa ministra Madia è quella di privilegiare negli aumenti i redditi più bassi: un meccanismo che non andrebbe d’accordo con un tetto minimo agli aumenti, difficile anche da coprire.
© Riproduzione riservata