Italia

Renzi: «Se vince il no nessun tavolo»

  • Abbonati
  • Accedi
(none)

Renzi: «Se vince il no nessun tavolo»

  • –Emilia Patta

ROMA

«Se votate No ve la tenete la casta, io compro i pop corn e la birretta per i prossimi dieci anni di talk show. Dicono: “Basta con la casta”... Ve la tenete la casta».

Quando tira fuori, metaforicamente, i pop corn Renzi è a Mestre. Alla fine di un’altra giornata frenetica divisa tra una riunione alla Protezione civile di Torino, il patto per la Lombardia e tre comizi in Veneto (è proprio il Nord-Est, assieme al Sud, il tallone d’achille del fronte del Sì secondo i sondaggi). E per tutta la giornata il concetto ripetuto con poche variazioni è lo stesso: se vince il No il Pd non sarà in alcun modo disponibile a sostenere un governo tecnico (come auspicato nei giorni scorsi dal settimanale britannico l’Economist, che sembrava essersi “schierato” per il No e contro il governo Renzi salvo poi difendere, proprio ieri, le ragioni del Sì come unico baluardo della stabilità, dando così prova quantomeno di una divisione al suo interno); e soprattutto - è l’altro messaggio di Renzi - se vince il No non si aprirà alcun “tavolo” sulla legge elettorale o su altro con gli altri partiti (come auspicato più volte dal leader di Fi). «Berlusconi va a giorni alterni, ora dice che vuole il tavolo con me il giorno dopo la vittoria del No. Ma al tavolo ci trova Grillo e D’Alema, non me». Quanto al governo tecnico di cui ha parlato l’Economist, Renzi è tranchant: «L’ultimo governo tecnico che ricordo, quello di Monti, ha alzato le tasse e realizzato un Pil a -2,3%». Governo tecnico e tasse alte se vince in No, dunque, mentre lo scenario si inverte se vince il Sì: «Dopo il referendum apriremo un grande cantiere di riduzione delle tasse. Bisognerà ascoltare le forze sociali per capire dove intervenire, se sull’Irpef o sull’Iva.».

Al di là della campagna elettorale, quello che Renzi ha voluto dare ieri è un messaggio di indisponibilità generale se dovesse vincere il No: se la vedano gli altri, insomma. Il premier, d’istinto e per carattere, non sembra essere in effetti intenzionato ad impegnarsi in una trattativa con Forza Italia sulla legge elettorale o ad imbarcarsi in un governo di scopo. Perché per la legge elettorale lo sbocco, se vince il No, sarà molto probabilmente il ritorno al proporzionale. E Renzi la faccia sul proporzionale non ce la vuole mettere in nessun modo. Per capire quello che potrebbe accadere va tenuto presente che la Corte costituzionale deciderà sull’Italicum a gennaio, alla ripresa post-natalizia. E in molti osservano che in caso di bocciatura della riforma la strada dei giudici costituzionali sarebbe obbligata: resterebbe infatti in piedi il Senato attuale, per il quale vale il sistema proporzionale con soglie di sbarramento disegnato proprio dalla sentenza della Consulta di due anni fa (il Consultellum), accanto a una Camera per la quale è già in vigore il maggioritario Italicum. Con la conseguenza che la soluzione più razionale resterebbe quella di estendere il proporzionale anche alla Camera. Come fa notare il centrista Peppino Calderisi, esperto di leggi elettorali, un sistema anche lievemente maggioritario come ad esempio un proporzionale con premio del 10/15 per cento non sarebbe applicabile in regime di bicameralismo. «Perché alla Camera votano anche i diciottenni, mentre al Senato votano solo i maggiori di 25 anni, e negli ultimi anni il voto dei giovanissimi si è nettamente differenziato rispetto ai più anziani in favore del M5S - argomenta Calderisi -. Con il concretissimo rischio di veder attribuito il premio ai grillini alla Camera e al Pd in Senato, o comunque a due partiti diversi, impallando del tutto il sistema».

L’intreccio tra la necessità di approvare la manovra anche in Senato entro il 31 dicembre e l’attesa della sentenza della Consulta sull’Italicum disegna uno scenario che non contempla la formazione di un altro governo: Renzi posticiperebbe le dimissioni fino all’approvazione della legge di bilancio arrivando così a fine anno. E a quel punto sarebbe la Consulta, invece del tavolo invocato da Berlusconi, a disegnare la nuova legge elettorale. Pronta la quale un Renzi ancora in sella potrebbe spingere con più efficacia sulle elezioni anticipate a febbraio-marzo. Da parte sua il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan rassicura sul lato della manovra («nessun effetto del referendum sulla manovra, tutto si concluderà senza sorprese entro la fine dell’anno») e del governo («governo tecnico? serve un governo politico, ossia questo governo»).

© RIPRODUZIONE RISERVATA