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Dossier La diversificazione passa anche dall’impact invest

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    Dossier | N. 9 articoliRapporto Private Banking

    La diversificazione passa anche dall’impact invest

    Lucia Martina
    Lucia Martina

    La filantropia è sempre entrata nelle case dei ricchi. Ma negli anni più recenti accanto alle forme tradizionali l’interesse verso il sociale assume connotati diversi, tanto che si sta ampliando la gamma di soluzioni che cercano di rispondere a questa domanda.

    Anche in Italia sta infatti trovando sempre più consensi l’impact investing che nel 2015 è cominciato a diventare un vero e proprio mainstream, ovvero fondi o iniziative che puntano a coniugare l’obiettivo di un ritorno finanziario di mercato con il generare cambiamenti sociali e ambientali. Per questa ragione molte private bank hanno investito capitale nel settore o offerto soluzioni di investimento ai propri clienti. Un fenomeno, questo, che si associa al forte interesse per quei fondi comuni o Sicav i cui comparti hanno un mandato che li obbliga a considerare in modo rilevante le tematiche ambientali, sociali e di governance (fondi Sri).

    «C’è una crescente domanda da parte di private bank, family office, investitori individuali e fondazioni a livello mondiale – ricorda Lucia Martina, segretario generale della Fondazione Lang Italia attiva in questo campo da tempo –. In base a recenti studi delle principali banche di investimento, circa il 50% degli investitori privati ha espresso interesse nell’impact investing e questa percentuale arriva al 66% tra gli high-net worth individual e al 92% tra i Millenials».

    Come spiega Martina, infatti, tra le nuove strategie di impact investing ci sono quelle iniziative che consentono di dirigere in tale direzione le donazioni e i grandi patrimoni. Per questa ragione si stanno anche perfezionando gli strumenti per misurare in modo efficiente l’impatto reale. Tra questi ci sono i primi fondi comuni filantropici lanciati da Banca Esperia e i trust e le fondazioni di scopo.

    «Quella dei fondi filantropici - spiega Andrea Cingoli, amministratore delegato di Banca Esperia - è la prima di una serie di iniziative che abbiamo promosso, finalizzata a dare efficacia a iniziative filantropiche, allo scopo di offrire agli enti benefici un nuovo modo di fare fund raising e, dall’altra parte, dare la possibilità agli investitori di compiere azioni con impatto sociale. Fino a oggi abbiamo strutturato sei fondi e raccolto 42 milioni».

    Il fondo filantropico lanciato dal Banca Esperia è un classico fondo comune gestito dalla Sgr di Gruppo che consente di sostenere una fondazione senza gravare sull’investitore in quanto una parte della commissione di gestione (1% prelevato dal Nav del fondo a fronte della riduzione delle commissioni di gestione percepite) viene erogata trimestralmente alla Fondazione prescelta.

    Sempre Banca Esperia ha lanciato il primo Trust di scopo. Questo creato nel 2015, diventerà operativo nel 2017 e si caratterizza per il fatto che il trustee (Esperia Trust, soggetto professionale che gestisce i fondi in Trust), selezionerà le Onlus in relazione a criteri di meritocrazia e di parametri definiti da un comitato di garanti, composto da soggetti di spicco del mondo della filantropia.

    I donatori saranno i disponenti del trust, che sarà aperto sia ai clienti sia ai dipendenti.

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