Ieri il Tesoro si è finanziato per 6 miliardi a sei mesi senza pagare un tasso d’interesse ma al contrario facendosi pagare un premio dai sottoscrittori dei BoT.
In questo mondo ancora alla rovescia hanno acquistato il Buono semestrale senza cedola a un prezzo sopra la pari, con tasso di assegnazione negativo a -0,199%: quindi questi finanziatori dello Stato italiano, se manterranno il titolo fino a scadenza, perderanno capitale. Un affare, senza ombra di dubbio, per le casse pubbliche Tuttavia, tutto è relativo. Questa asta va messa in relazione sia all’emissione precedente degli stessi BoT a sei mesi sia a quanto sta accadendo ad altri emittenti sovrani blasonati nell’Eurozona. E si scopre così che il Tesoro italiano in un solo mese ha perso 10 centesimi sul costo della raccolta a brevissimo termine, sei mesi, rispetto al minimo storico di -0,295 toccato nell’asta BoT dello scorso ottobre. Un salto non da poco. Va peggio all’Italia quando messa a confronto con Germania, Francia e Spagna. Questi tre Paesi in novembre (la Germania in ottobre) si sono finanziati sul breve termine tutti a tassi di assegnazione negativi migliori, più convenienti per lo Stato, rispetto ai rendimenti italiani: i BoT francesi spaziano tra -0,66% e -0,73%, le Letras spagnole tra -0,21% e -0,39%. E tutto questo in un momento in cui il risk-off va e viene per tutti, ora il pericolo Le Pen, ora il rischio politico esasperato all’ascesa del populismo, mentre il mercato finanziario europeo sta “importando” dagli Usa - a torto o a ragione - il trend di rialzo dei rendimenti scatenato dall’elezione di Donald Trump.
Il BoT semestrale ieri è stato richiesto per oltre 10 miliardi contro i 6 in scadenza, con un rapporto di copertura tonico. E ieri stesso il Tesoro ha collocato l’asta supplementare dei CTz emessi lo scorso venerdì, raccogliendo l’importo massimo consentito dalla riapertura, ovvero, 1,050 miliardi: è andato a ruba un Certificato che in un solo mese ha offerto 50 centesimi in più di rendimento, un salto eccezionale. Oggi l’asta dei BTp decennali sarà ancor più efficace nel tastare il polso all’andamento sul merito di credito dell’Italia pre-referendum: il benchmark nonchè punto di riferimento del rischio-Paese, il BTp a dieci anni, oggi dovrebbe essere collocato con 45-50 centesimi in più rispetto all’asta precedente (venduta prima dell’elezione di Trump all’1,60%). Il Tesoro è già arrivato al traguardo del programma di raccolta 2016 e per questo ha potuto fissare per il BTP decennale oggi una forchetta tra 1 e 1,5 miliardi, un micro-importo che così basso non si vedeva dal 2000. Intanto ieri pre-asta, lo spread BTp/Bund, dopoun picco giornaliero a 192 punti base che ha incorporato il rischio-banca e il crollo di alcuni titoli bancari in Borsa, ha chiuso a 186punti, con un rendimento del BTp sopra la soglia psicologica del 2% (2,06).
Il mercato, in piena turbolenza pre-voto, sta tentando di “prezzare”, cioè di calibrare prezzi e rendimenti dando un valore contemporaneamente a tutti gli scenari più probabili: la vittoria del “sì” con modesta realizzabilità, l’elevata possibilità della vittoria del “no” (in base ai sondaggi), l’aspettativa forte di un QE della Bce esteso l’8 dicembre a importo mensile invariato (80 miliardi di acquisti) dal marzo 2017 al giugno o settembre 2017 e con altre modifiche pro-BTp, se dovessero servire. Lo scenario peggiore, una vittoria schiacciante del “no” con ascesa del M5S al governo e un referendum italiano sull’euro che porti l’Italia fuori dall’eurozona è segnato sui radar del mercato ma non nei prezzi e rendimenti.
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