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L’EX AD DI POSTE

Sarmi sotto la lente

della Corte dei conti

La Procura della Corte dei conti sta vagliando la posizione dell’ex ad di Poste Massimo Sarmi, oggi ad dell’autostrada Milano Serravalle, nella vicenda dell’assunzione in Poste di Alessandro Alfano, fratello del ministro dell’Interno.

Il Nucleo di polizia valutaria della GdF ha ricevuto una delega specifica d’indagine per chiarire il ruolo di Sarmi, già ampiamente delineato nell’inchiesta “Labirinto” del sostituto procuratore capitolino Stefano Rocco Fava. Nelle scorse settimane la Procura ordinaria ha inoltrato ai colleghi della Corte dei conti un ampio incartamento investigativo, dal quale emergono - a vario titolo - diversi ruoli nell’inserire Alessandro Alfano in Poste. L’operazione - che non avrebbe portato a sviluppi penali ma che potrebbe svelare un presunto danno erariale - sarebbe stata organizzata dal presunto «faccendiere» Raffaele Pizza, da Davide Tedesco, collaboratore del ministro Angelino Alfano, e da Sarmi, che a luglio scorso ha negato di essere stato a conoscenza dell’assunzione di Alessandro Alfano in PosteCom.

Tuttavia Claudio Picucci, suo stretto collaboratore sia ai tempi di Poste sia in Milano- Serravalle, rispondendo agli investigatori ha affermato di aver informato Sarmi del caso e della «parentela». (Ivan Cimmarusti)

PROCESSO CHIUSO

Delitto Caccia,

ripartono le indagini

Il processo milanese a carico Rocco Schirripa, accusato di essere l’esecutore materiale dell’omicidio del 1983 del procuratore di Torino Bruno Caccia, si è chiuso ieri con una sentenza di “non doversi procedere”. Lo ha deciso la Corte d’Assise sulla base dell’errore procedurale

della Procura che non aveva chiesto la riapertura delle indagini non essendo a conoscenza di un precedente fascicolo archiviato.

La Procura ha già riaperto le indagini due giorni fa e disposto un fermo per Schirripa. Si riparte dunque dalle indagini e dagli atti istruttori compiuti

prima del 25 novembre 2015, data dell’iscrizione nel registro degli indagati del panettiere di 64 anni di origine calabrese. La soluzione consente di salvare quasi tutte le indagini e le intercettazioni ma è stata contestata da Fabio Repici, legale dei figli di

Caccia che durante ha parlato di «angosciosa tragedia degli equivoci».