«Con le novità proposte in materia di referendum, a cominciare dall’introduzione nel nostro ordinamento dei referendum propositivi e di indirizzo, gli elettori diventano protagonisti del processo decisionale». Linda Lanzillotta, senatrice del Pd e vicepresidente del Senato, mette in rilievo l’importanza dei nuovi strumenti di democrazia diretta, nonché di quelli già esistenti attraverso «il rafforzamento» del referendum abrogativo e delle leggi di iniziativa popolare. Una scelta fatta dal legislatore non per compensare una presunta maggiore forza data al Governo dalla riforma Boschi, dal momento che la forma di governo non viene toccata, bensì per contrastare la disaffezione dei cittadini nei confronti della politica e per rivitalizzare la democrazia rappresentativa in una fase storica di crisi, e non solo in Italia.
Da una parte un governo più forte e messo nelle condizioni di decidere, dall’altra più forza agli strumenti di democrazia diretta. È questo il senso delle novità introdotte in materia di referendum e leggi di iniziativa popolare?
In primo luogo la riforma non dà più forza al governo, perché le norme che lo riguardano non vengono toccate. Anzi, si limita il ricorso ai decreti legge. È vero invece che, con le novità introdotte in materia di strumenti di democrazia diretta, gli elettori diventano protagonisti del processo decisionale.
Parliamo del referendum abrogativo. Se si raggiungono le 800mila firme, il quorum scende addirittura alla metà di quanti hanno votato alle precedenti elezioni politiche. Non si rischia così di mettere nelle mani di “chiunque” il potere di cancellare ogni legge approvata dalla Camera?
Fino a ora il referendum abrogativo è apparso spesso un’arma spuntata perché il quorum alto ha impedito all’elettore di ottenere un risultato concreto. Basta pensare che dal 1997 ad oggi non si è mai raggiunto il quorum, con l’eccezione della consultazione del 2011 sui servizi pubblici locali e sull’acqua. Se vincerà il Sì, su temi particolarmente sentiti dai cittadini (e per questo si stabilisce che siano 800mila invece di 500mila le firme da raccogliere) il quorum si abbasserà in modo drastico: ad esempio se alle politiche precedenti hanno votato il 70% degli aventi diritto, il quorum si abbassa dal 50% al 35% più uno. In questo modo si evita che il crescente astensionismo penalizzi l’istituto referendario e favorisca di fatto i sostenitori del “no”. I quali, invece, per affermare le loro ragioni dovranno partecipare attivamente alla consultazione referendaria.
Perché i referendum propositivi e di indirizzo? Sarà possibile tramite questi strumenti mettere in discussione la nostra appartenenza all’euro, come afferma di voler fare il Movimento 5 stelle?
La domanda di protagonismo e di partecipazione cui si assiste non può essere lasciata ai social network ma avere nuovi canali istituzionali come ad esempio i referendum propositivi e di indirizzo che saranno un forte vincolo per il legislatore il quale difficilmente potrà disattendere la volontà popolare. È una rivoluzione per il nostro ordinamento. Sull’euro non credo che si corrano questi rischi, perché sono convinta che la maggioranza degli italiani non vuole abbandonare né l’Unione europea né l’euro.
Qual è l’obiettivo delle modifiche introdotte riguardo alle leggi di iniziativa popolare?
Quello che tutti auspicano ma che poi nessuno realizza: avvicinare i cittadini alle istituzioni e, in particolare, al Parlamento. Basti pensare che dal 1979 ad oggi su 262 proposte di iniziativa popolare presentate, solo 3 sono diventate legge e 151 non sono neppure state esaminate. Con la riforma, invece, per la Camera si introduce l’obbligo di esaminare e votare le proposte di iniziativa popolare. Questo è importante soprattutto in una fase molto complicata della democrazia rappresentativa. Per rivitalizzarla, contro demagogia e populismo che sfruttano il disagio sociale prodotto dalla crisi economica, occorrono nuovi canali di partecipazione diretta che riattivino l’impegno, la passione politica e la voglia di cambiamento.
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