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Il nodo del retail anche nel piano B

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Il nodo del retail anche nel piano B

  • –Antonella Olivieri

I dati definitivi sui risultati dell’offerta volontaria di conversione dei bond subordinati Mps confermano che l’adesione del retail è stata minima. Sull’emissione 2008-2018 da 2,16 miliardi, che era stata originariamente sottoscritta da 37mila investitori, sono state infatti raccolte adesioni solo per poco più di 98 milioni di valore nominale. Non c’è possibilità di misurare, neanche ex-post, gli umori dei piccoli risparmiatori, dal momento che - in ottemperanza della Mifid e come specificato nel prospetto informativo - le richieste degli obbligazionisti privati che non avessero avuto un profilo di rischio adeguato all’investimento azionario non avrebbero potuto neppure essere accettate per disposizioni tassative.

L’offerta, come noto, si è conclusa con adesioni complessive per poco più di un miliardo, un importo pari a circa un quarto del totale dei bond subordinati - 4,3 miliardi - oggetto della proposta di conversione, fissando così a 4 miliardi l’importo da reperire tramite aumento di capitale, con la sottoscrizione di un anchor investor e del mercato, secondo il piano originario. Con l’esito del referendum costituzionale la strada si è fatta ancor più in salita, ma si è deciso di prendere un po’ di tempo per valutare il da farsi.

Nel caso in cui si accertasse, entro il termine stabilito dalla Bce, l’impossibilità di completare il rafforzamento patrimoniale da 5 miliardi, che si è reso necessario in Mps per aver mancato il superamento dell’ultimo stress test, l’ipotesi alternativa più accreditata passa dalla conversione in azioni, questa volta obbligatoria, dei bond subordinati di Mps, con lo Stato che dovrebbe intervenire per un miliardo a compensare l’ammanco, salendo quindi al 20% circa del capitale della banca senese rispetto al 4% detenuto oggi per effetto dei Monti-bond.

Il nodo però, anche in questo scenario, resta il retail. Sarebbe d’obbligo coinvolgerlo se si vuole centrare l’obiettivo, dal momento che gli investitori privati hanno in mano più della metà dei 4,3 miliardi di bond subordinati (presenti anche in altre emissioni oltre a quella da 2,16 miliardi). Nel caso delle quattro banche elleniche ricapitalizzate lo scorso anno (pre bail-in) anche attraverso la conversione in azioni delle obbligazioni non c’è stato bisogno di ricorrere alla conversione forzosa, che era espressamente prevista, perchè le adesioni volontarie - fino a oltre il 90% nel caso di Eurobank - sono state sufficienti a completare le operazioni, in alcuni casi anche con l’intervento di un fondo pubblico. Le condizioni della conversione obbligatoria perciò non sono mai state definite, ma si suppone potessero essere peggiorative rispetto a quelle proposte nell’offerta volontaria.

Ora, nel caso in cui diventasse inevitabile ricorrere al piano B, da Roma trapela la volontà di salvaguardare comunque i piccoli risparmiatori. A quanto risulta non sarebbe possibile però consegnare al retail nuove obbligazioni Mps, per compensare le eventuali perdite che derivassero da una conversione obbligatoria dei bond in azioni. Si starebbe però ragionando su quali forme di “indennizzo” lo Stato potrebbe, nel caso, mettere in campo.

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