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Piano B, intervento statale «precauzionale»

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Piano B, intervento statale «precauzionale»

  • –Gianni Trovati

ROMA

Il piano B per il salvataggio di Monte dei Paschi in caso di insuccesso dell’operazione di mercato si intreccia sempre di più con i tempi e modi dell’uscita dalla crisi politica innescata dal referendum di domenica. Il dossier sarà infatti reso operativo, se necessario, dal nuovo governo (si veda Il Sole 24 Ore di ieri), ma ovviamente i tecnici sono all’opera per studiare le varie soluzioni in campo. Anche perché la coincidenza fra i tempi della politica e quelli del mercato è tutta da provare sul campo. In ogni caso, lo stand by è destinato a durare almeno fino a domenica perché i motori dell’operazione «di mercato» sono ancora accesi.

L’orizzonte è quello discusso con l’Europa di un intervento «precauzionale», che potrebbe far scattare il burden sharing in particolare per gli investitori istituzionali. Proprio dalla commissione Ue, del resto, ieri sono arrivate le parole del vicepresidente Valdis Dombrovskis sui «contatti con le autorità italiane che sono preparate a intervenire se e dove necessario»: parole che hanno aiutato Rocca Salimbeni a cambiare la propria giornata di Borsa, chiusa con un +1,02% a 18,87 euro dopo un minimo a 17,64 toccato nel primissimo pomeriggio.

Sul dossier si intrecciano più fattori: le risposte definitive dei potenziali investitori si attendono per la fine della settimana, e nelle prossime ore si capirà se l’accelerazione della crisi, con la manovra blindata al Senato e le successive dimissioni di Renzi, riuscirà a portare a stretto giro al nuovo esecutivo. Dalle risposte dei protagonisti dell’«operazione di mercato» dipendono naturalmente anche le dimensioni e le modalità attuative dell’ombrello statale per evitare il rischio di risoluzione della banca, che rimane escluso proprio dal piano B.

Per capire i termini del problema bisogna ripercorrere le parole chiave del confronto estivo fra Roma e Bruxelles, che si concentrò proprio sulla sorte del Monte dei Paschi prima che si profilasse la soluzione «di mercato» targata Mediobanca-Jp Morgan. L’intervento «precauzionale», che può essere attivato secondo l’articolo 32 della direttiva sul bail in (la «Brrd»), devono essere proporzionate all’esigenza di tutelare la «stabilità finanziaria» e non possono arrivare ad azzerare le perdite subite o in arrivo per l’istituto di credito.

In quest’ottica l’intervento del Tesoro, che servirebbe a percorrere il tratto di strada dell’aumento di capitale non coperto dal mercato, dovrebbe comportare forme di conversione forzata in azioni delle obbligazioni subordinate, in un panorama che sarebbe definito in base alle dimensioni dell’intervento. In alternativa il Tesoro potrebbe acquistare direttamente i bond subordinati per convertirli in azioni da tenere in portafoglio.

Proprio sulla possibilità di bloccare il «burden sharing» in caso di nuovo intervento statale si erano concentrate le trattative di giugno-luglio fra il governo e la commissione europea, che in ogni caso non erano arrivate a definire l’esclusione per gli investitori istituzionali. Nei giorni della conversione volontaria, del resto, era stato lo stesso Tesoro a sottolineare che l’eventuale “seconda opzione”, successiva all’offerta di mercato, non avrebbe potuto offrire condizioni migliori agli investitori. Ancora più delicato sul piano politico, ovviamente, sarebbero forme di condivisione dei costi estese agli investitori retail, che andrebbero poi affrontate con forme di indennizzo. In ogni caso, l’ombrello salverebbe obbligazioni ordinarie e depositi, che sarebbero invece colpiti da un bail in se superiori a 100mila euro.

La questione Mps, non va dimenticato, è la più ”sistemica” all’interno di un panorama del credito che però vede incontra problemi di capitale anche in Carige, Veneto Banca e Popolare di Vicenza. Anche questi temi potrebbero entrare nei lavori sui provvedimenti, insieme al nodo ancora da risolvere sulle Popolari, in particolare per i due istituti (Sondrio e Bari) che devono ancora tenere l’assemblea degli azionisti per la trasformazione in Spa dopo la sospensione posta dal Consiglio di Stato per la questione del diritto di recesso. In lista d’attesa, infine, c’è la vendita delle quattro good banks nate dalla risoluzione di Banca Marche, Banca Etruria, Cariferrara e Carichieti.

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