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Esecutivo con poche new entry

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Esecutivo con poche new entry

La prima novità è proprio lui: Paolo Gentiloni, ex veltroniano e sostenitore di Matteo Renzi fin dalla primarie del 2012 sulla premiership contro Pier Luigi Bersani, che trasloca dalla Farnesina a Palazzo Chigi. Per il resto l’intenzione del leader del Pd Matteo Renzi è quella di dare il meno possibile idea di discontinuità, anche se questa scelta incontra più di un’ostilità dentro e fuori il Pd. Per il premier dimissionario però questo governo nasce alla fine di una fase politica, con il compito di gestire al meglio la transizione del Paese verso le urne anticipate, e un cambio corposo di caselle darebbe invece l’idea di un rimpasto per riassettare gli equilibri dopo la sconfitta al referendum. Idea che Renzi, pur da Largo del Nazareno, non vuole assolutamente dare.

Eppure almeno un cambio sicuro ci dovrà essere: quello appunto della nomina del successore di Gentiloni alla Farnesina. In pole l’ex segretario degli ex Ds nonché ex sindaco di Torino Piero Fassino, già ministro con i governi D’Alema e Amato e formalmente in quota ad Area dem, la corrente di Dario Franceschini. L’alternativa, si racconta più gradita a Renzi, è rappresentata da una soluzione interna: il segretario generale della Farnesina, l’ambasciatrice Elisabetta Belloni, molto stimata da Gentiloni. Ma per gli Esteri è in pista anche Carlo Calenda, che tuttavia lascerebbe vuota la delicata casella dello Sviluppo economico creando a sua volta il problema di una sostituzione. Fassino resta comunque in campo per un altro incarico qualora per la Farnesina dovesse prevalere un’altra soluzione. Perché in molti nel Pd danno per sicura l’uscita dal governo della ministra dell’Istruzione Stefania Giannini (ex Scelta civica “scioltasi” nel Pd assieme ad altri ex montiani). E forse anche l’uscita della ministra della Salute Beatrice Lorenzin, anche in un’ottica di ridimensionamento del peso dei centristi di Angelino Alfano nel governo. Ma su questo punto ci sono naturalmente le resistenze dello stesso Alfano. Come riequilibrio al femminile si fanno i nomi della responsabile scuola del Pd Francesca Puglisi e del viceministro allo Sviluppo economico Teresa Bellanova, la cui “promozione” darebbe utile anche in funzione di apertura verso i sindacati visto che Bellanova proviene dalla Cgil. Dovrebbe restare al suo posto, secondo gli ultimi rumors, il ministro del Lavoro Giuliano Poletti.

Quanto alle due ministre che nel governo uscente sono state molto sotto i riflettori, ossia la ministra per le Riforme e per i Rapporti con il Parlamento Maria Elena Boschi e la ministra per la Pubblica istruzione Marianna Madia, il tam tam delle ultime ore andava nella direzione di una riconferma. Anche se le due caselle restano ancora in bilico. Madia, anche dopo la bocciatura della Consulta di una parte della sua riforma, avrebbe comunque il compito di concludere il lavoro dei decreti attuativi della riforma stessa. Quanto a Boschi, madrina della riforma bocciata alle urne referendarie, potrebbe restare come ministra per i Rapporti con il Parlamento. Renzi avrebbe lasciato a Boschi stessa la scelta se rimanere o meno. Certo è che delle tre deleghe al momento nelle mani della ministra una è già cancellata: quella appunto delle Riforme. Che non verrà assegnata a nessuno in considerazione del fatto che anche la materia della legge elettorale sarà lasciata alla possibilità dell’accordo con almeno una parte delle opposizioni e dunque alla trattativa parlamentare. Ed è noto che Renzi non vuole spendere né la sua immagine né quella del Pd sul probabile simil-proporzionale che uscirà fuori dalla sentenza della Corte costituzionale attesa per il 24 gennaio. Sentenza da recepire, certo, ma senza ulteriori grandi cambiamenti. Resta infine al suo posto il fedelissimo di Renzi Luca Lotti, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio che nei prossimi mesi dovrà anche co-gestire il delicato capitolo delle nomine (in primavera Enel, Eni, Poste, Finmeccanica, Terna e altri consigli di amministrazione).

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