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A Gentiloni fiducia dal Senato: «Ora riforme»

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A Gentiloni fiducia dal Senato: «Ora riforme»

  • –Emilia Patta

ROMA

Dopo il via libera della Camera, il premier Paolo Gentiloni ha ricevuto ieri anche la fiducia del Senato. Senza l’apporto dei verdiniani di Ala, usciti dall’Aula come preannunciato assieme alla Lega, i voti sono stati gli stessi della prima fiducia a Renzi: 169 favorevoli e 99 contrari (i senatori grillini hanno votato contro). Nessun patema, insomma, anche perché la minoranza del Pd non si è differenziata sulla fiducia, come aveva precisato Pier Luigi Bersani, anche se per il futuro si riserverà “mani libere” sui singoli provvedimenti. I senatori della minoranza dem sono almeno venti, mentre quelli di Ala sono 18. E dunque anche questo governo, come quelli Letta e Renzi dopo l’uscita di Silvio Berlusconi dalla maggioranza e la conseguente scissione di Fi con la nascita del partito di Alfano, parte con numeri per così dire non solidi. Soprattutto nelle commissioni, dove senza Ala la maggioranza è sotto o in vantaggio di un solo senatore.

Ma una differenza tra la fiducia di ieri e quella chiesta e ottenuta da Matteo Renzi c’è, e non è da poco. «Chiedo la vostra fiducia ed esprimo la mia nelle prerogative del Senato», è l’esordio di Gentiloni a Palazzo Madama. Il confronto con il trentanovenne Renzi («non ho l’età per sedere su questi banchi») che, mani in tasca, annuncia che la riforma costituzionale “chiuderà” il Senato è l’immagine più tangibile della vittoria del No al referendum dello scorso 4 dicembre. Il Senato è sopravvissuto, e per questo la fiducia che Gentiloni chiede «è un po’ particolare». «Ho condiviso la riforma costituzionale, ma il popolo ha deciso con un referendum dal risultato molto netto», spiega infatti il premier.

Ma l’impegno riformatore non si ferma con la bocciatura della riforma Boschi. Gentiloni torna a sottolineare la continuità con il governo Renzi: «Il compito principale di questo governo è completare le riforme avviate in questi ultimi anni». E precisa ancora una volta che il suo governo non nasce «per amore della continuità» bensì nel segno della «responsabilità», dal momento che le altre forze politiche hanno rigettato la proposta del Pd di fare un governo tutti insieme per affrontare il nodo della legge elettorale. Nodo che va comunque sciolto, anche se il governo «non sarà attore protagonista» ma «avrà il compito anche di sollecitare la ricerca di una soluzione e anche le forze politiche». E la “sollecitatrice” sarà, come scritto ieri dal Sole 24 Ore, la neo ministra per i Rapporti con il Parlamento Anna Finocchiaro. L’orizzonte del governo resta tuttavia limitato, dal momento che il leader del Pd Renzi con la sua maggioranza non vuole andare oltre giugno. Ed è un orizzonte che Gentiloni condivide, anche se questo non significa non lavorare con serietà ai prossimi impegni, a partire dall’importante Consiglio Ue di oggi (si veda l’articolo in pagina). Lo fa capire citando Carlo Azeglio Ciampi: «Chiedo ai ministri di lavorare con responsabilità e dignità. Ciampi quando presentò il suo governo disse, e lo dico anche io, che per il tempo che sarà necessario in questa delicata transizione servirò con umiltà gli interessi del Paese».

Quanto alle opposizioni, anche in Senato non manca il richiamo già fatto alla Camera al rispetto del Parlamento, oltraggiato dalla non partecipazione alla fiducia al nuovo governo e dai banchi semideserti durante gli interventi in Aula. «Difenderò le prerogative del Parlamento nei confronti di tutti. Invito chi in questi mesi si è battuto alzando la bandiera del Parlamento contro ipotetici e a mio avviso inesistenti tentativi autoritari a rispettare il Parlamento e a partecipare alle sue riunioni in modo civile». E con sceneggiate e facili slogan, d’altra parte, non si risolveranno i problemi del Paese. A cominciare dal problema della povertà («i dati sono in crescita») passando per il Sud, le banche e la priorità del lavoro. Il traguardo, dice Gentiloni, è un sistema di tutele universali: «Serve serietà e consapevolezza perché questo traguardo non lo risolviamo purtroppo con facili slogan».

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